Com’è possibile trarre dai propri genitori un’eredità degna di essere acquisita, senza che loro ne abbiano il pur che minimo sentore? Com’è possibile cogliere ciò che merita di essere conservato e sviluppato per la costruzione del proprio Sé, all’interno di una famiglia nevroticamente disturbata? L’Autore descrive gli episodi caratterizzanti la sua formazione psicologica, attraverso l’analisi della personalità materna e paterna, e il loro intreccio avvolgente e devastante. Seguendo gli ultimi mesi di vita della madre, l’Autore lascia alla memoria il piacevole compito di ripercorrere certi trascorsi emotivi con lei condivisi, analizzando sia la sua figura di donna e di genitore, sia il suo inconsapevole lascito ereditario, meritevole di essere valorizzato. Stessa sorte spetta al padre, altrettanto ignaro di quanto il suo esempio sia stato importante per distillare nel figlio la certezza profonda di una diversa lettura del mondo. I curiosi aneddoti che l’Autore trae dalla sua biografia, sono accompagnati da una descrizione delle dinamiche psicologiche e psicoanalitiche che li attraversano, allo scopo di fare emergere i dati emotivi salienti che fissano l’importanza del ricordo. Centro focale di tutto il lavoro è la possibilità di condensare in un messaggio costruttivo l’esperienza faticosa di un’educazione ricevuta, che, pur nelle sue pronunciate disfunzioni e squilibri, conserva in sé la ricchezza di un dono prezioso da accogliere e coltivare: un modo di essere, di vivere e di pensare.