Il Secondo conflitto mondiale rappresentò una guerra di inaudita ferocia in grado di produrre perdite e distruzioni senza eguali. In quanto “guerra totale”, non solo non risparmiò da morte e sofferenze le popolazioni civili – tra le quali, anzi, fece più vittime che tra i combattenti – ma di fatto fu in grado di colpire in profondità ogni angolo del vecchio continente.
Anche in Italia, oltre ai contesti urbani, ne furono toccate pure le campagne, e ogni comunità rurale ebbe il proprio carico di morte e sofferenze.
La storia di tre comuni della Valdisieve, nella provincia fiorentina, permette di cogliere il crescente impatto che, sin dal momento della discesa in guerra dell’Italia fascista nel giugno 1940, il conflitto assunse in periferia.
Nonostante le reticenze e le falsità della propaganda fascista, anche in quel contesto l’emergenza bellica rese evidente l’impreparazione del Paese alla guerra, mettendo in luce l’incapacità del regime fascista di gestire le molte criticità sociali, economiche, alimentari e sanitarie connesse allo sforzo bellico e dando ulteriore prova del suo carattere autoritario, oppressivo e ingiusto.
L’avvio, dopo l’8 settembre 1943, dell’occupazione nazifascista e il successivo sopraggiungere in novembre dei distruttivi bombardamenti aerei alleati determinarono anche per la Valdisieve un tragico momento di svolta, segnato dal fenomeno dello sfollamento delle popolazioni e dal dilagare sui civili delle violenze degli occupanti.
L’arrivo del fronte di guerra nell’estate del 1944, con il suo strascico ulteriore di morte e sofferenze, e la conseguente liberazione del territorio lasciarono alla Valdisieve una difficile eredità che sarebbe stato compito delle organizzazioni antifasciste locali raccogliere e ricomporre col rinnovato spirito di libertà e giustizia sancito dall’esperienza resistenziale e base della futura Italia repubblicana.
Anche in Italia, oltre ai contesti urbani, ne furono toccate pure le campagne, e ogni comunità rurale ebbe il proprio carico di morte e sofferenze.
La storia di tre comuni della Valdisieve, nella provincia fiorentina, permette di cogliere il crescente impatto che, sin dal momento della discesa in guerra dell’Italia fascista nel giugno 1940, il conflitto assunse in periferia.
Nonostante le reticenze e le falsità della propaganda fascista, anche in quel contesto l’emergenza bellica rese evidente l’impreparazione del Paese alla guerra, mettendo in luce l’incapacità del regime fascista di gestire le molte criticità sociali, economiche, alimentari e sanitarie connesse allo sforzo bellico e dando ulteriore prova del suo carattere autoritario, oppressivo e ingiusto.
L’avvio, dopo l’8 settembre 1943, dell’occupazione nazifascista e il successivo sopraggiungere in novembre dei distruttivi bombardamenti aerei alleati determinarono anche per la Valdisieve un tragico momento di svolta, segnato dal fenomeno dello sfollamento delle popolazioni e dal dilagare sui civili delle violenze degli occupanti.
L’arrivo del fronte di guerra nell’estate del 1944, con il suo strascico ulteriore di morte e sofferenze, e la conseguente liberazione del territorio lasciarono alla Valdisieve una difficile eredità che sarebbe stato compito delle organizzazioni antifasciste locali raccogliere e ricomporre col rinnovato spirito di libertà e giustizia sancito dall’esperienza resistenziale e base della futura Italia repubblicana.