Questo lavoro intende analizzare – da una prospettiva filosofico-educativa di matrice freireana e utilizzando i concetti chiave di Foucault sul rapporto corpo-potere – la complessa fenomenologia del potere ’ndranghetista, enucleando e fissando le categorie ordinatrici del suo disegno ideologico, la cui autentica cifra espressiva risiede nel manifestarsi quale linguaggio (e retaggio) del vecchio potere sovrano che sceglie il corpo come registro simbolico e codice d’azione su cui rendere pubblico il proprio desiderio di dominazione sociale. Il corpo, con le sue ferite, reca i segni dei vissuti umani e ne consente di interpretare il senso e il significato sociale. Le mafie, e soprattutto la ’ndrangheta, esplicano la loro fenomenologia di potere proprio nel governo del corpo, costruendo uno schema di dominio totalizzante: espropriare la corporeità è frantumare l’identità umana, impossessarsi di essa, strozzando la sua possibilità di espressione storica e distruggendone ogni traccia ontologico-sociale.