In corso Sebastopoli 2 avevo solo una stanza, non era la mia casa, ma tanto non ne avevo mai avuta una prima di allora, non fu un problema. Ho sempre avuto un tetto sopra la testa, questo sì, ma non ho mai sentito un posto come casa. Mai. In corso Sebastopoli 2 ho sperimentato la solitudine fisica: quella intellettuale ed emotiva mi apparteneva da sempre, ma quella fisica no, da quella ero sempre fuggito per non ritrovarmi faccia a faccia con la depressione che mi camminava di fianco da una vita. In corso Sebastopoli 2 entrai a ventisette anni: tra le mani uno scatolone che conteneva comodamente i miei pochi averi, nell’anima il prepotente bisogno di scrivere. Ne sono uscito circa quattro anni dopo con tutte le poesie che ci sono dentro questo libro: perlopiù amore per le donne, convivenza con la solitudine, elogio della malinconia, ricerca della verità, passione per i piaceri viscerali dell’esistenza umana.