La nobile professione del medico, e quella del terapeuta in genere, negli ultimi decenni, ha cominciato a essere soffocata nel dedalo dei protocolli, delle statistiche e dei meandri burocratici, oscurando quegli aspetti fondamentali che, a suo tempo, avevano incendiato il cuore dell’individuo nella scelta a favore delle arti mediche. L’autore porta la propria esperienza di questi trent’anni di professione in cui ha raccolto, nelle confidenze dei colleghi, il desiderio di riscoprire l’eros, l’afflato poetico, la motivazione interiore nell’attività clinica. L’alternativa è spesso un senso di impotenza, di melanconia, di inaridimento che, col tempo, può allargarsi alla dimensione anche relazionale e affettiva. L’autore propone, come accadeva nella miglior tradizione, di riscoprire la sfera spirituale come sottofondo di ogni azione, in modo che questa si trasformi da attività meccanica ad azione consapevole. Gli stessi atti di tutti i giorni possono nuovamente rigenerare l’anima, se a guidarli è un atto di Creatività Medica.