Ida Rosalba di Biase (Foggia) si laurea prima in Scienze naturali e poi in Scienze biologiche dopo un percorso di studi umanistici presso il Liceo classico “Vincenzo Lanza” di Foggia.
Dedica gran parte della sua vita all’insegnamento di Scienze naturali nelle scuole medie superiori. Adolescente, scrive le sue prime poesie. Lascia poi sedimentare questa inclinazione per impegnarsi in altre attività di studio e lavorative. Solo da pochi anni riprende il percorso interrotto.
Partecipa a diverse manifestazioni letterarie della casa editrice Aletti: Il Federiciano, Il Tiburtino, Premio Internazionale Salvatore Quasimodo, Premio Letterario Internazionale Maria Cumani Quasimodo, Concorso CET Scuola Autori di Mogol, Parole in fuga, ed altri.
Tra i suoi interessi: la Filosofia, la Fisica quantistica, la Biologia molecolare.
Attraverso la poesia intraprende il viaggio iniziatico nelle profondità dell’essere dove tutto si mescola e si trasforma. Nel nichilismo dell’epoca attuale, la poesia diventa la voce dell’anima che grida il bisogno di liberazione dagli schemi artificiosi e ingannevoli di una società sempre più disumana e schiava della Tecnica. L’opera dell’autrice ha come sfondo emozionale e filosofico l’antica sapienza greca che considera tragica la condizione umana.
«L’antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine tra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l’uomo. Rigido e immobile, il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: “Stirpe miserabile ed effimera, figlia del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto.”» Friedrich Nietzsche, La nascita della tragedia, 1871.
La grande tragedia greca di Eschilo e Sofocle, per Nietzsche, diventa la massima espressione dei due principi divini, l’apollineo e il dionisiaco, in continua antitesi ed interazione. Essi non corrispondono solo a due mondi artistici ma anche a due forze vitali estreme. È la loro unificazione che rappresenta la vita e la sua affermazione; e l’arte è l’espressione umana che ne sublima la sintesi.
La poesia veicola parole ed immagini, senso e non senso. L’irrazionale ed il razionale si fondono. Ripristina il legame tra vita e mito. È portatrice dell'eterno senso di mancanza.
Le “Creature del bosco” sono creature dell’anima che attraversano l’esistenza tra lampi di luce e oscure presenze.
Dedica gran parte della sua vita all’insegnamento di Scienze naturali nelle scuole medie superiori. Adolescente, scrive le sue prime poesie. Lascia poi sedimentare questa inclinazione per impegnarsi in altre attività di studio e lavorative. Solo da pochi anni riprende il percorso interrotto.
Partecipa a diverse manifestazioni letterarie della casa editrice Aletti: Il Federiciano, Il Tiburtino, Premio Internazionale Salvatore Quasimodo, Premio Letterario Internazionale Maria Cumani Quasimodo, Concorso CET Scuola Autori di Mogol, Parole in fuga, ed altri.
Tra i suoi interessi: la Filosofia, la Fisica quantistica, la Biologia molecolare.
Attraverso la poesia intraprende il viaggio iniziatico nelle profondità dell’essere dove tutto si mescola e si trasforma. Nel nichilismo dell’epoca attuale, la poesia diventa la voce dell’anima che grida il bisogno di liberazione dagli schemi artificiosi e ingannevoli di una società sempre più disumana e schiava della Tecnica. L’opera dell’autrice ha come sfondo emozionale e filosofico l’antica sapienza greca che considera tragica la condizione umana.
«L’antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo. Quando quello gli cadde infine tra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l’uomo. Rigido e immobile, il demone tace; finché, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: “Stirpe miserabile ed effimera, figlia del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto.”» Friedrich Nietzsche, La nascita della tragedia, 1871.
La grande tragedia greca di Eschilo e Sofocle, per Nietzsche, diventa la massima espressione dei due principi divini, l’apollineo e il dionisiaco, in continua antitesi ed interazione. Essi non corrispondono solo a due mondi artistici ma anche a due forze vitali estreme. È la loro unificazione che rappresenta la vita e la sua affermazione; e l’arte è l’espressione umana che ne sublima la sintesi.
La poesia veicola parole ed immagini, senso e non senso. L’irrazionale ed il razionale si fondono. Ripristina il legame tra vita e mito. È portatrice dell'eterno senso di mancanza.
Le “Creature del bosco” sono creature dell’anima che attraversano l’esistenza tra lampi di luce e oscure presenze.