Il giorno in cui Giorgia annuncia al padre che si sarebbe laureata il mese dopo, questi viene ricoverato in terapia intensiva a causa di un’emorragia e dopo undici giorni di coma si spegne. La tragedia accorsa al padre è l’occasione per Giorgia di raccontare la storia della sua famiglia e quella vissuta dai minatori di San Giovanni, un piccolo villaggio del Sulcis Inglesiente, durante la seconda guerra mondiale. Il nonno di Giorgia, Mario, ancora bambino, si trasferisce a San Giovanni dopo la Grande Guerra e qui viene assunto come minatore. La memoria è come una macchina da presa che registra e conserva. Ad essa possiamo attingere a piene mani per ricostruire il percorso delle nostre radici. Le mie passano per i sentieri di San Giovanni, hanno le mani robuste e callose dei minatori che lì hanno scavato e la tempra forte delle loro donne, forgiate dalla miseria e dal lutto. Profumano di buono come i pini che ricoprono con il loro manto sempreverde l’altopiano di San Giorgio. Brillano come i cristalli di quarzo che, simili a gemme, impreziosiscono questa terra di conquista e di sogno.