In un futuro molto prossimo, dentro la capitale del sobborgo peninsulare dove tra scenari di orwelliana memoria si consuma l’esistenza nel segno di una curiosa distopia, si assiste ad un rinnovato fermento sociale. Tra disparate restrizioni tese all’annientamento della creatività degli individui, questi sempre più isolati e posti gli uni contro gli altri, due pedoni ragazzini si muovono sopra una scacchiera di verosimiglianze e finzioni abilmente orchestrate dai maestri della distrazione massiva. Dentro la grande città si insedia un nuovo governo, al capo del quale è stato chiamato un frate nero portatore di filosofie gnostiche e fautore di strambe vaccinazioni collettive. Una nuova guerra fredda genera un nuovo conflitto, forse perduto forse non vero. Un muro invisibile e un ordito complesso sono quinte dorate di un racconto cospirativo quanto rivoluzionario. Il disincantato narratore è testimone di un tempo traslato, vi accompagna lungo un percorso disseminato di avvenimenti bizzarri, composto da gruppi di personaggi curiosi. I due pastori bianchi brandiscono un unico bastone apostolico in difesa del loro gregge. Tutto troppo similare a questo presente, nonostante sia un ironico incubo dal quale si prende la giusta distanza nel timore che possa realizzarsi veramente. Questa è la storia di uno scenario, sicuramente fantastico, tuttavia non improbabile.