Se oggi tutti sanno chi è Antonio Gramsci, pochi conoscono Antonio Labriola, e pochissimi Rodolfo Mondolfo. Su di lui, infatti, già a partire dagli anni Cinquanta, cala un velo di silenzio che si protrae per tutti gli anni Sessanta, quando l’umanesimo e l’attenzione per gli scritti del giovane Marx sono tacciati, da comunisti e protagonisti del Sessantotto, di ingenuità e romanticismo. Il ‘vero’ marxismo è quello che colloca al centro l’economico e la struttura storica e sociale. Il protagonista assoluto dell’esperienza biografica e intellettuale di Mondolfo è invece l’essere umano. ‘Maestro’ di Gramsci, ‘teorico’ del socialismo di Filippo Turati, ‘editore’ di Piero Gobetti, Mondolfo è stato nella storia culturale e politica italiana un intellettuale-chiave che ha tentato di superare la contrapposizione tra idealismo e positivismo.Riproporre il suo pensiero, da una parte, significa riscoprire quel marxismo italiano che, radicatosi nell’umanesimo, nel Rinascimento e nel Risorgimento, ha sfidato nel Novecento la tradizione dell’idealismo ed è stato poi sepolto dall’ondata strutturalista francese di Althusser negli anni Sessanta; dall’altra, vuol dire discutere di una possibile ‘filosofia’ del socialismo del XXI secolo. Un socialismo che, dopo il crollo del comunismo e la crisi del capitalismo, è chiamato a prendere nuove strade affrontando finalmente il tentativo, che Bobbio definiva «gigantesco», di coniugare uguaglianza e libertà.