La spedizione dei Mille. Questi moderni argonauti, così definiti del garibaldino Ippolito Nievo, accendono sempre gli animi. C’è chi vede in Garibaldi l’origine di tutti mali del mezzogiorno e mostra grande nostalgia del Regno delle due Sicilie e chi vede in Garibaldi l’incarnazione dell’eroe ideale.
Le motivazioni dello sbarco dei Mille, dopo circa undici anni dalla restaurazione borbonica, vanno ricercate in un preciso disegno politico, cui non furono estranei Casa Savoia e la potente e antiborbonica Inghilterra. La perfida Albione fu presente a Marsala con le navi Intrepid e Argus, e su una nave inglese, nel porto di Palermo, si firmò l’armistizio tra Garibaldi e il generale Lanza. A Salemi Garibaldi assunse la Dittatura ed emanò i primi decreti. Intanto, La Masa e altri andavano girando la Sicilia per raccogliere i picciotti e i denari. «Era dura necessità il reclutare gente ad ogni risma […]. Uomini tristi ce n’erano purtroppo, ma gli onesti non facevano difetto».
Dopo Calatafimi i Mille conquistarono Palermo (27 maggio 1860). È da qui in poi che incominciarono a crearsi i primi dissidi. Alcuni fomentati da Casa Savoia secondo cui La Masa era più affidabile di Garibaldi. Si parlò d’una «alzata di La Masa, per togliere a Garibaldi la Dittatura e assumerla lui gridato dal popolo». Poi si tentò di arrestare addirittura Crispi, mentre le squadre dei picciotti rimandati a casa mormorarono che quella era stata lu schifiu di li rivoluzzioni. In molte città della Sicilia occidentale la gente insorse contro le autorità locali che commettevano ogni sorta di ingiustizie e discriminazioni.
Legalizzata l’annessione con il plebiscito l’Unità d’Italia ebbe inizio. Non fu un buon inizio. Il seguito fu ancora peggio. L’organizzazione amministrativa sabauda venne estesa alla Sicilia. Fu mandato nell’isola un esercito di impiegati, perlopiù piemontesi, ignorante della storia, delle tradizioni, delle antiche leggi, del dialetto; a costoro si unirono vecchi funzionari borbonici riconvertiti in montatura liberale; tutto un mondo fu stravolto violentemente, col pretesto di assimilare e di educare a un vivere più civile. Non mancarono paesi interi trattati da covi di briganti e cinti d’assedio alla ricerca di renitenti, con arresti indiscriminati e di massa. Così ebbe inizio l’Unità d’Italia.
A distanza di oltre centosessant’anni da quegli eventi, spogliati da ogni ideologia politica, considerando che l’Unità d’Italia è patrimonio di tutti, un approfondito e sereno dibattito critico sarebbe utile.
Le motivazioni dello sbarco dei Mille, dopo circa undici anni dalla restaurazione borbonica, vanno ricercate in un preciso disegno politico, cui non furono estranei Casa Savoia e la potente e antiborbonica Inghilterra. La perfida Albione fu presente a Marsala con le navi Intrepid e Argus, e su una nave inglese, nel porto di Palermo, si firmò l’armistizio tra Garibaldi e il generale Lanza. A Salemi Garibaldi assunse la Dittatura ed emanò i primi decreti. Intanto, La Masa e altri andavano girando la Sicilia per raccogliere i picciotti e i denari. «Era dura necessità il reclutare gente ad ogni risma […]. Uomini tristi ce n’erano purtroppo, ma gli onesti non facevano difetto».
Dopo Calatafimi i Mille conquistarono Palermo (27 maggio 1860). È da qui in poi che incominciarono a crearsi i primi dissidi. Alcuni fomentati da Casa Savoia secondo cui La Masa era più affidabile di Garibaldi. Si parlò d’una «alzata di La Masa, per togliere a Garibaldi la Dittatura e assumerla lui gridato dal popolo». Poi si tentò di arrestare addirittura Crispi, mentre le squadre dei picciotti rimandati a casa mormorarono che quella era stata lu schifiu di li rivoluzzioni. In molte città della Sicilia occidentale la gente insorse contro le autorità locali che commettevano ogni sorta di ingiustizie e discriminazioni.
Legalizzata l’annessione con il plebiscito l’Unità d’Italia ebbe inizio. Non fu un buon inizio. Il seguito fu ancora peggio. L’organizzazione amministrativa sabauda venne estesa alla Sicilia. Fu mandato nell’isola un esercito di impiegati, perlopiù piemontesi, ignorante della storia, delle tradizioni, delle antiche leggi, del dialetto; a costoro si unirono vecchi funzionari borbonici riconvertiti in montatura liberale; tutto un mondo fu stravolto violentemente, col pretesto di assimilare e di educare a un vivere più civile. Non mancarono paesi interi trattati da covi di briganti e cinti d’assedio alla ricerca di renitenti, con arresti indiscriminati e di massa. Così ebbe inizio l’Unità d’Italia.
A distanza di oltre centosessant’anni da quegli eventi, spogliati da ogni ideologia politica, considerando che l’Unità d’Italia è patrimonio di tutti, un approfondito e sereno dibattito critico sarebbe utile.