Questa è la storia della prima radio libera in Italia fondata nel 1970 da Danilo Dolci in Sicilia, per denunciare la mancata ricostruzione del Belice. La trasmissione – qui trascritta integralmente - durò solo 27 ore.
Il 25 marzo 1970 il segnale radiofonico di "Radio Sicilia Libera" rompe il monopolio di stato sulle trasmissioni via etere con un forte messaggio di denuncia del potere mafioso e clientelare che aveva attinto a piene mani dai soldi destinati alla ricostruzione della valle del Belice dopo il terremoto del 1968.
Due collaboratori del Centro, Franco Alasia e Pino Lombardo, si asserragliano in una stanza del Palazzo, con le attrezzature necessarie e con 50 litri di benzina […] Fuori Danilo Dolci accende una radio e fa ascoltare quello che viene trasmesso. Per 27 ore. Sino a quando un nutrito gruppo di poliziotti, carabinieri e pompieri non passa all’assalto, sequestrando tutto il materiale e denunciando i responsabili per violazione della legge sulle comunicazioni che, in quel periodo, consente solo alla RAI l’utilizzo dell’etere.
Il principio ispiratore è quello di una “radio della nuova Resistenza”, sul modello delle radio-ombra clandestine che avevano reso possibile l’informazione tra i partigiani della seconda guerra mondiale. È quindi un’informazione dal basso, come espressione alternativa, nei confronti di uno stato assente.
“Chi tace è complice” scriveva Danilo Dolci sui muri in quegli anni e il suo non tacere, il suo dar voce a chi non ha mai avuto possibilità di farsi sentire è un invito a non rendersi complici del silenzio con il silenzio.
Il 25 marzo 1970 il segnale radiofonico di "Radio Sicilia Libera" rompe il monopolio di stato sulle trasmissioni via etere con un forte messaggio di denuncia del potere mafioso e clientelare che aveva attinto a piene mani dai soldi destinati alla ricostruzione della valle del Belice dopo il terremoto del 1968.
Due collaboratori del Centro, Franco Alasia e Pino Lombardo, si asserragliano in una stanza del Palazzo, con le attrezzature necessarie e con 50 litri di benzina […] Fuori Danilo Dolci accende una radio e fa ascoltare quello che viene trasmesso. Per 27 ore. Sino a quando un nutrito gruppo di poliziotti, carabinieri e pompieri non passa all’assalto, sequestrando tutto il materiale e denunciando i responsabili per violazione della legge sulle comunicazioni che, in quel periodo, consente solo alla RAI l’utilizzo dell’etere.
Il principio ispiratore è quello di una “radio della nuova Resistenza”, sul modello delle radio-ombra clandestine che avevano reso possibile l’informazione tra i partigiani della seconda guerra mondiale. È quindi un’informazione dal basso, come espressione alternativa, nei confronti di uno stato assente.
“Chi tace è complice” scriveva Danilo Dolci sui muri in quegli anni e il suo non tacere, il suo dar voce a chi non ha mai avuto possibilità di farsi sentire è un invito a non rendersi complici del silenzio con il silenzio.