«Incominciò [...] in tale confusione delle cose tanto inclinate a nuove perturbazioni, l'anno mille quattrocento novantaquattro [...], anno infelicissimo a Italia, e in verità anno principio degli anni miserabili, perché aperse la porta a innumerevoli e orribili calamità». Comincia così il sesto capitolo del primo libro della celebre Storia d'Italia di Francesco Guicciardini: che, per gli eventi di quell'infelicissimo anno e di quelli immediatamente successivi, attinge a piene mani all'incomparabilmente meno noto e fortunato De bello italico di Bernardo Rucellai, come dimostrano il suo riassunto autografo dell'opera latina e sicure coincidenze. Per molti versi anticipatrice delle grandi opere storiche successive, percorsa da una trama di pensiero e da considerazioni di indiscutibile modernità, la storia della discesa del 'mostro' Carlo VIII in Italia, vista dagli occhi di un oligarca fiorentino nostalgico del regime laurenziano e ostile a Piero de' Medici e alla sua dissennata politica, merita di essere riscoperta.L'opera del Rucellai è qui presentata per la prima volta in edizione moderna, basata sull'unico manoscritto esistente, e per la prima volta tradotta in italiano.Cognato e amico di Lorenzo de' Medici, figlio del Giovanni autore di un noto Zibaldone, Bernardo Rucellai (1448-1514) fu protagonista dell'attività politica e letteraria della Firenze di Quattro e Cinquecento. Fu un oligarchico avverso al 'largo' governo democratico del Soderini e del Savonarola - durante il quale fu esule volontario in Francia - come al regime 'tirannico' del nipote Piero, un umanista nutrito di letture classiche, uno storico teso all'imparzialità che la letteratura connette al mestiere senza essere ideologicamente libero, 'moderno' e spregiudicato quanto basta per non poter essere considerato un rappresentante attardato della storiografia umanistica tradizionale. Il De bello italico è la sua opera più matura ed originale. Le altre (De urbe Roma, De bello pisano, Bellum mediolanense) mostrano rapporti molto stretti con la tradizione classica, umanistica e volgare, di cui costituiscono commenti, rifacimenti, volgarizzamenti o latinizzazioni.Donatella Coppini è professore ordinario di Letteratura italiana del Rinascimento presso l'Università di Firenze. Si è occupata di poesia latina umanistica (ha curato l'edizione critica dell'Hermaphroditus di Antonio Panormita e ha tradotto e commentato gli Inni naturali di Michele Marullo), della tradizione dei classici e degli studi classici nel Rinascimento, della questione dell'imitazione, del latino degli umanisti, di problemi peculiarmente ecdotici, di Petrarca (edizione e traduzione di Salmi penitenziali e preghiere).