Il "De la causa, principio e Uno" è la seconda opera in lingua italiana che Giordano Bruno (1548-1600) dà alle stampe a Londra nel 1584. In essa è esposta quella che il Bruno chiamava la sua filosofia della natura. Dall’opera venne estratta la settima ("ubi tractat an anima sit in corpore sicut nauta in navi") delle otto proposizioni eretiche sottoposte a Bruno il 18 gennaio 1599 per la sua dichiarazione di abiura. Proseguendo l'esposizione iniziata con La cena de le ceneri, il filosofo, sostenendovi l'unità di causa universale e principio universale, elabora una concezione animistica della materia, una materia eterna, infinita, viva. ***********************************************************************************************************************************************
«L'anima, dunque, del mondo è il principio formale constitutivo de l'universo e di ciò che in quello si contiene. Dico che, se la vita si trova in tutte le cose, l'anima viene ad esser forma di tutte le cose.»(Teofilo, dialogo II)
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«È dunque l'universo uno, infinito, inmobile. Una, dico, è la possibilità assoluta, uno l'atto, una la forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente, uno il massimo ed ottimo; il quale non deve posser essere compreso; e però infinibile e interminabile, e per tanto infinito e interminato, e per conseguenza inmobile.» (Teofilo: dialogo V)
«L'anima, dunque, del mondo è il principio formale constitutivo de l'universo e di ciò che in quello si contiene. Dico che, se la vita si trova in tutte le cose, l'anima viene ad esser forma di tutte le cose.»(Teofilo, dialogo II)
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«È dunque l'universo uno, infinito, inmobile. Una, dico, è la possibilità assoluta, uno l'atto, una la forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente, uno il massimo ed ottimo; il quale non deve posser essere compreso; e però infinibile e interminabile, e per tanto infinito e interminato, e per conseguenza inmobile.» (Teofilo: dialogo V)