La sesta opera di Luigi Elia può definirsi l’opera della completezza. Non solo la riconferma di un modo di scrivere originale, ma una continua evoluzione che arricchisce la trama abbellendola con della poesia. L’ormai progetto “Giallo Sporco” è divenuto realtà. Scorrevole ed avvincente, questo racconto riesce a trattare temi complicati con un linguaggio comprensibile a tutti. I continui colpi di scena riescono ad incollare il lettore dalla prima all’ultima pagina, rendendo la lettura mai pesante. In una Roma stupenda e cinica, un magistrato cercherà di venire a capo di un’indagine assai complicata. La riapertura di un caso abbandonato agli archivi: il ritrovamento di una prostituta di colore nel Tevere permetterà all’inquirente di far luce su delle connivenze ed un giro d’affari legato al mondo dell’immigrazione. La storia si arricchisce di personaggi e di vicende intrecciate tra loro e così non è solo il fatto di cronaca e la relativa indagine a creare curiosità, ma anche la storia di un vecchio poeta alcolizzato, che, tra molte difficoltà prova a scrivere una nuova opera. Infine, come la tecnica teatrale denominata quarta parete, l’autore interviene nella narrazione con stralci di un diario personale. Tante storie, ma un finale filosoficamente unico, nel quale l’umanità, quella reale e fragile, lontana dagli eroismi della letteratura si mostra in tutta la sua meravigliosa debolezza.
L’uomo e le sue dipendenze, le sue ossessioni, è questa la chiave di lettura per comprendere a pieno il viaggio che l’autore offre.
L’uomo e le sue dipendenze, le sue ossessioni, è questa la chiave di lettura per comprendere a pieno il viaggio che l’autore offre.