L’idea guida di questi studi è che il pensiero (neo)parmenideo, piuttosto che costituire il primato della «medesimezza», apra lo spazio doxastico alla «diversità» e alla divergenza, a partire dal quale le particolari e sfaccettate relazioni etico-doxastiche, dismessa ogni pretesa di verità, possono intrecciare la rete delle solidarietà democratiche. E' quindi necessario e opportuno assumere il rischio della natura anche politica della doxa, quella delle forze che attraverso un potere istituente si fanno diritto. Nel mondo doxastico non è riscontrabile un evento storico di rivelazione della verità, il tempo si incurva, non tende ad un progressivo compimento, ed incerta si rivela ogni posizione di tipo messianico. La realtà storica dei comportamenti è decifrabile in alcune sue strutture, ma la verità si nega in un senso di (divina) irrappresentabilità, mentre alle comunità umane, come anche alla religione e all’arte, è lasciato di interpretare ed elaborare il paradosso già presocratico (ed ebraico) dell’impossibilità del rigore e della giustizia.