Dema Focarelli L'arte dell'emozione nell'introspezione di Ermanno Di Sandro Il testo è una monografia biografica e critica, un vero e proprio saggio sull'arte a torto poco notata di un'artista della Tuscia viterbese, classe 1951, che l'autore considera di grande talento e umiltà. Dema Focarelli non ha di fatto mancato l'aggancio ai circuiti artistici mediatici ed espositivi più rilevanti ed accreditati per suo demerito, ma per una cronica incapacità dell'attuale sistema dell'arte italiana nel promuovere forme di espressione artistica slegate da quelle tanto in voga oggi facenti capo alla nuova arte globalizzata, indistinguibile da autore ad autrice, da nazione a nazione, da continente a continente, la quale purtroppo predilige mezzi espressivi nuovi ed accattivanti da vetrina, che fanno spettacolo, collegati direttamente alla frenetica e più audace evoluzione delle tecnologie, soprattutto digitali. Queste ultime sanno creare uno spettacolo per le masse, dunque per questo accettabile, lontano però da una reale e fertile creatività come fu quella degli straordinari protagonisti del secolo appena trascorso. Per il Di Sandro Dema Focarelli mostra al contrario nel suo interessante percorso, in quanto artista di qualità e libera da schemi precostituiti, una straordinaria abilità manuale quasi artigianale, quella stessa abilità e quegli stessi contenuti artistici, espressivi ed emozionali che hanno reso l'arte italiana così apprezzata e riconoscibile nel mondo in passato, anche in quello di perlomeno quaranta anni fa e giù di lì. Poi tutto ha preso una piega diversa, come spiega in più pagine l'autore, con un'accelerazione sempre più incalzante, fino al blocco totale, improvviso e imprevedibile, del 2020, anche se provocato da altri motivi. Insomma una frenata improvvisa che egli non può che considerare in parte un toccasana di cui un po' tutti avevano un gran bisogno, che dà nuovamente il giusto valore alla riflessione, al silenzio, alla pace, alla calma che non significa essere statici, ma semplicemente donne e uomini che si riappropriano del pensiero, del loro pensiero e capacità di giudizio. Dunque, Dema ha inteso l'arte non come una direzione obbligata, imposta dall'alto e dai galleristi, opinionisti e critici, prediligendo al contrario un suo filone artistico dettato solo e unicamente dalla sua ragion d'essere, dal suo temperamento, dal suo "io". E bene ha fatto, perché i risultati si vedono ora e si vedranno sempre maggiormente alla lunga, nel tempo, quando il pubblico si sarà stancato dello spettacolo dell'arte che, alla fine, nulla lascia nell'animo umano di ciascuno di noi
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