Vicenda di una tranche de vie frantumata e ricomposta, narrata in uno stile dinamico e asciutto, essa si articola in frammenti, ognuno dei quali evoca un’unità perduta. Il frammento – che è al tempo stesso l’oggetto e la forma discorsiva del racconto di Margherita Versari – è spesso il risultato di un gesto violento, dell’atto di frangere, ossia spezzare, rompere, parcellizzare ciò che prima costituiva un tutto; ma ha anche un significato geografico (separazione, allontanamento) e uno storico (discontinuità).
È frammentaria, infine, la scrittura di Margherita Versari, così come il rapporto tra la storia e il racconto, che procede discontinuamente, per associazioni di idee, con salti avanti e indietro negli anni (“la memoria elude spesso la successione cronologica”), dove l’evento, ripetuto (la “passeggiata a bassa quota”), perde la sua dimensione storiografica e diventa rito.
Il frammento dice dunque quello che la lingua non può dire.
È per l’autrice il punto di partenza e l’approdo di un progetto di riappropriazione del passato: “tanto più fitto è il buio”, recitano le parole conclusive del racconto, “tanto più stupefacente e amabile ci appare la luce, se c’è e quando c’è”. (F. Funari)
È frammentaria, infine, la scrittura di Margherita Versari, così come il rapporto tra la storia e il racconto, che procede discontinuamente, per associazioni di idee, con salti avanti e indietro negli anni (“la memoria elude spesso la successione cronologica”), dove l’evento, ripetuto (la “passeggiata a bassa quota”), perde la sua dimensione storiografica e diventa rito.
Il frammento dice dunque quello che la lingua non può dire.
È per l’autrice il punto di partenza e l’approdo di un progetto di riappropriazione del passato: “tanto più fitto è il buio”, recitano le parole conclusive del racconto, “tanto più stupefacente e amabile ci appare la luce, se c’è e quando c’è”. (F. Funari)