Com’è un diavolo? E uno di terza categoria?Alla prima domanda non so dare una risposta precisa; o meglio, ho in mente allegorie illustrate e anche alcune versioni cinematografiche che trattavano il tema. Ma niente che mi abbia mai convinto, in fin dei conti. Sorpreso, coinvolto nel preciso istante, insospettito, in parte deluso. Mai convinto però.Alla seconda invece so dare una risposta più completa; in realtà mi hanno aiutato i personaggi che si susseguono in questa raccolta e che hanno tutti un fattore comune: sono diavoli, più precisamente di terza categoria. Poveri diavoli, si direbbe, visto che non sono neppure in vetta alla categoria stessa, quella che, parafrasando Platone, potremmo definire l’essenza diabolica, la diabolinità, i diavoli di prima categoria, quelli veri. Che comunque non mi avrebbero convinto, resta inteso.Ma è proprio questa loro sudditanza, questo giocare in un campionato minore, che li rende folli come a me piacciono. Anche perché hanno un’arma di cui a volte sono consapevoli e altre volte no, finendo in quest’ultimo caso per subirne involontariamente il fascino: sto parlando dell' Ironia, quel mix di arguzia, sagacia, brillantezza, dissacrazione.Chi la possiede (o chi la subisce e l’accetta, finendo così per possederla) è destinato a grandi cose; e se così non fosse, saprà come farsene una ragione. E se non l’accetta, saranno gli altri a farsela, una ragione, divertendosi alle sue spalle, che lo voglia o meno, che sia giusto o no.Come per Vince, Winnie e Marcelus, i tre amici che popolano i Diavoli di terza categoria, che credono di vivere in un film di Tarantino e che hanno l’intuizione della vita. Si sa infatti che gli artisti valgono di più, una volta che non ci sono più. Da qui il piano: rapire John Cartell, pittore in ascesa mediatica, farlo scomparire, ricettarne i quadri, fare una fortuna colossale. Semplice, no? No... Perché altri diavoli si insinuano, sexy o narcisisti, speculatori o autoreferenziali, mettendoci continuamente lo zampino, o la coda, e travolgendo se stessi in uno scenario paradossale.Accanto ai Diavoli si posizionano beffardi e irriverenti i Diavoletti, anch’essi militanti nella medesima categoria: racconti brevi, a volte istantanei, a volte autobiografici e a volte in parte tali. Diavoletti che proprio per la loro dimensione ridotta aumentano la loro spigolosità, diventando taglienti, dissacranti, assurdi, ottimisti a tratti. E proprio per questo amatissimi, almeno da me.Chiude infine la sezione Logica, due teoremi in chiave letteraria, che comprovano altrettanti temi necessari: uno relativo a uova e galline ( per chiudere la questione definitivamente), l’altro relativo al brutto che piace e a come possa esserne dimostrato il carisma e la capacità ipnotica al punto di farlo primeggiare sul suo corrispettivo benedetto da natura: il bello che piace.Perché il brutto che piace, quando piace, piace di brutto.That’s all. Or not?