Un monastero femminile di clausura in una cittadina lombarda della Repubblica Veneta, primi decenni del Seicento. Nel corso di un’ordinaria visita pastorale il vescovo scopre per puro caso uno scandalo tenuto segreto da lungo tempo. A rivelargli che tre monache languono prigioniere nei sotterranei, mentre altre otto scontano le loro colpe in soffitta, è la responsabile stessa dei misfatti perpetrati nel monastero negli anni precedenti. La monaca, moribonda, per sfuggire a sospetti e condanne s’è già finta a suo tempo santa e ora si confessa poiché più nulla ha da temere dalla Giustizia degli uomini. Il peccato di cui ha macchiato se stessa e altre, consenzienti anche se non sempre consapevoli delle loro azioni, è l’amore lesbico. Nel corso degli incontri notturni rumori misteriosi hanno spesso insospettito alcune consorelle, e in breve, anche se a fatica, la verità è emersa in tutto il suo squallore. Eppure lo scandalo è stato caparbiamente taciuto per sfuggire al rischio di ricorrere all’Inquisizione e, così, compromettere in alcun modo il secolare prestigio della comunità. Comunque, la tresca è stata punita con inflessibile rigore dalle monache “innocenti”. Alle colpevoli si sono comminati castighi severissimi, applicati in un clima d’omertà generale ispirata da suor Flavia, ai tempi dello scandalo badessa, e fomentata dal suo complice, il confessore don Fabrizio.Tuttavia, una volta scoperta la verità e a dispetto della determinazione del vescovo a voler far piena luce sul caso e risolverlo secondo le leggi canoniche, l’intento fallirà perché le manovre della potente suor Flavia avranno successo.La vicenda s’ispira liberamente a un fatto realmente accaduto a Bergamo, del quale in appendice si forniscono fonti inedite e biografia.