«Bisogna scegliere: o fare l’Europa, o restare eterni fanciulli... L’Europa dovrà assomigliare a quella giovane scienziata del xiii secolo che insegnava Matematica all’Università di Bologna, e si mostrava velata agli astanti per non turbarli con la sua bellezza.» Questa è una delle colorite allegorie che Julien Benda utilizza, nel 1932, per risvegliare il perduto sentimento europeo dopo l’eclissamento dell’unità cristiano-imperiale dell’Europa medievale a cui guarda con distaccata nostalgia. La tesi del pamphlet di Benda, paradossale e inattuale per il suo tempo, è che solo un’istituzione superiore come quella della nazione europea può portare al superamento del nazionalismo, degli egoismi e del particolarismo degli Stati sovrani che hanno avvelenato la vita della gente d’Europa per lunghi secoli. L’unione dei popoli europei sarà possibile solo con una rivoluzione delle coscienze, un cambio di paradigma morale e intellettuale.
Torna finalmente disponibile al pubblico italiano questo piccolo, grande saggio in un momento difficile della storia del nostro continente, che ora mostra molte analogie con quello vissuto da Benda.
Un’ampia sezione di eXtra, con scritti di Saint-Simon, Thierry, Fichte, Bobbio e Polany, utile per inquadrare il libro di Benda nel suo tempo e soppesarne il valore nel dibattito che si è sviluppato nel secondo dopoguerra intorno all’idea di “Europa”.
Introduce un fulminante e attualissimo saggio di Giulio Sapelli.
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