"Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’italiani", un saggio breve che il poeta compose tra i ventiquattro e i venticinque anni e che fu pubblicato solo sessant’anni dopo la morte, nel 1906. Il "Discorso" è un tagliente pamphlet sulla mentalità, il carattere e la moralità della società italiana di impressionante, terribile attualità. L’analisi leopardiana è spietatamente lucida, la prosa è incisiva, dura, persino crudele.L’Italia - spiega il poeta - è una terra incapace di costruire una convivenza civile, una sana dialettica; un paese dominato dal cinismo, incapace di rispettare e di esser rispettato; un agglomerato di singoli individui ognuno sprofondato nel proprio orizzonte privato, particolare; un paese troppo smaliziato per provare un autentico amore per la patria, e dove l’opinione pubblica, la società civile, stenta a trovare la propria maturità, la propria autonomia.Leopardi denuncia con una prosa ariosa e caustica l’assenza di quei legami che fanno di una somma d’individui una «società civile», fondata non solo sulla legge ma sulla responsabilità della convivenza civile. Uno stato presente, quello descritto da Leopardi, che appare drammaticamente slegato dalla sua collocazione storica pre-unitaria, e che a una lettura odierna sembra assumere i connotati e le sembianze di uno stato presente indefinito e immobile, quasi il Discorso fosse riuscito a congelare non solo un momento nella storia di un popolo ma un’incapacità strutturale, genetica, endemica di quello stesso popolo.