“Don Chisciotte amore mio” è un testo che ho scritto in soli cinque giorni. D’altronde proprio in questo momento sto vedendo da un aggiornamento twitter che l’hashtag #vitadimerda sta scalando inesorabilmente le vette della tweet list. È un profluvio di lamentele senza quartiere: chi si lamenta di aver perso l'accendino preferito, chi perché deve studiare, chi perché non lo amano. Ho sentito l'esigenza di parlare di altro, di qualcosa che manca fortemente al mondo che ci abbraccia ma ancora più fortemente alla mia generazione, quella dei trentenni; volevo parlare del coraggio. Se ci fosse una classifica dei valori e questa cambiasse nel corso del tempo così come cambia il posizionamento di un pilota di Formula 1 durante un Gran Premio, beh, il coraggio sarebbe in procinto di scivolare nelle ultime posizioni ostacolato da gravi problemi tecnici, mentre altre autovetture molto più veloci come il cinismo, l'individualismo o il soggettivismo lo supererebbero senza pietà. Don Chisciotte è un altro uomo. Perché ad essere Superman sono tutti bravi: con la forza di mille uomini, i raggi laser dagli occhi e la capacità di saper volare, praticamente tutti possono diventare degli eroi. Tutt’altra vita si consuma mostrandosi fragili alle intemperie, senz’altro scudo se non la propria volontà; questo è il vero atto eroico. Non aver timore del timore. Ho preso il personaggio di Don Chisciotte e di Sancho e li ho catapultati nella modernità, associandoli anche (e perché no) al mestiere che faccio, alla mia scelta, quella di fare l'attore oggi.