Fabrizio Cinquini è un medico chirurgo versiliese che più volte si è autodenunciato per le proprie piantagioni di canapa coltivata allo scopo di donarla a pazienti con gravi patologie, dalla sclerosi multipla al cancro. Per la sua battaglia antiproibizionista ha subito l'arresto e una condanna in primo grado per la famigerata Fini-Giovanardi, una legge successivamente dichiarata incostituzionale. Il dottor Cinquini non ha mai deciso di sottomettersi a tali ingiuste disposizioni legislative, continuando ad autodenunciarsi e perseverando a curare i suoi pazienti con la canapa pagando questa violazione legislativa con il carcere e gli arresti domiciliari.La sua coraggiosa battaglia è prima di tutto una battaglia per la libertà d'autodeterminazione contro le grandi lobby medico farmaceutiche, che boicottano una pianta dalle immense potenzialità mediche riconosciute da millenni.In Italia, Fabrizio Cinquini è diventato un punto di riferimento per il pensiero antiproibizionista, che mira all'approvazione di una legge che finalmente renda possibile l'autocoltivazione per fine terapeutico e ludico della canapa. ..--------------“Ricordo ancora con precisione la prima volta che lo incontrai. Con l'amico Matteo Provvidenza stavamo entrando nella dimora materna di Fabrizio a Forte dei Marmi, quando, percorrendo il vialetto d'ingresso pensai che Paese illiberale e ipocrita è il nostro. In quella casa, riflettevo mentre mi avvicinavo al cancello, è agli arresti domiciliari un medico di talento che è stato privato della propria libertà perché si è permesso di curare suoi pazienti con un prodotto che alla mafia dell'industria farmaceutica non conviene ancora che venga conosciuto per le sue proprietà. In quella casa, pensavo cogitabondo, è rinchiusa una persona perbene, mentre fuori, pascolano in libertà quei politici che, eseguendo le direttive delle lobby, hanno votato leggi liberticide. Leggi proibizioniste che in maniera di tossicodipendenza hanno garantito enormi introiti alle mafie e spezzato le vite di migliaia di ragazzi”.Dall'introduzione di Gianluca Ferrara