Ogni addio compiuto ha varcato una soglia e diventa misura del tempo per ogni «storia smisurata», antidoto contro la presunzione di eternità di una vita, di un legame.
Dire addio oltrepassa il potere della parola, della nostalgia e del rimpianto, figli dell’amore perduto che per un tempo infinito ha continuato a sedurre e catturare dolcemente.
È nella poesia che Graziella Savoldi cerca questa misura, in una lotta con la parola che in questo tempo della sua vita ritrova spoglia, disabitata da una voce, come ogni traccia del passato che incontra nel suo andare.
Cacciati dall’Eden e condannati al mondo, rimane agli amanti solo l’eco lontana e irresistibile di ciò che è stato, come canto di sirena che li condanna a cercare ancora tra quelle macerie, in una terra d’esilio oscura e dolente.
Ma forse è proprio in esilio, all’ombra di una certa luce che aveva abbagliato, che ci è concesso di lasciar andare l’orgoglio, la pretesa nei confronti di un altro, l’illusione di essere quella tessera indivisibile e necessaria al suo esistere, quell’irrinunciabile pezzo mancante.
Dire addio oltrepassa il potere della parola, della nostalgia e del rimpianto, figli dell’amore perduto che per un tempo infinito ha continuato a sedurre e catturare dolcemente.
È nella poesia che Graziella Savoldi cerca questa misura, in una lotta con la parola che in questo tempo della sua vita ritrova spoglia, disabitata da una voce, come ogni traccia del passato che incontra nel suo andare.
Cacciati dall’Eden e condannati al mondo, rimane agli amanti solo l’eco lontana e irresistibile di ciò che è stato, come canto di sirena che li condanna a cercare ancora tra quelle macerie, in una terra d’esilio oscura e dolente.
Ma forse è proprio in esilio, all’ombra di una certa luce che aveva abbagliato, che ci è concesso di lasciar andare l’orgoglio, la pretesa nei confronti di un altro, l’illusione di essere quella tessera indivisibile e necessaria al suo esistere, quell’irrinunciabile pezzo mancante.