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Il peggio è passato. Le pire est passé. The worst is over. Sembra una frase universale, per indicare il riaccendersi di una flebile fiammella di speranza dopo un lungo buio.Secondo Enrico Vaime, però, a noi italiani si addice molto di più il detto contrario.È sempre il meglio, ad essere passato. O se volete, il passato era sempre e comunque meglio. Per alcuni italiani – molti? – la nostalgica considerazione pare valere in modo particolare quando si va a rivangare quel delicato periodo della storia nazionale che va sotto il nome comune di ventennio. L’Italia del fascismo e dei suoi immediati…mehr

Produktbeschreibung
Il peggio è passato. Le pire est passé. The worst is over. Sembra una frase universale, per indicare il riaccendersi di una flebile fiammella di speranza dopo un lungo buio.Secondo Enrico Vaime, però, a noi italiani si addice molto di più il detto contrario.È sempre il meglio, ad essere passato. O se volete, il passato era sempre e comunque meglio. Per alcuni italiani – molti? – la nostalgica considerazione pare valere in modo particolare quando si va a rivangare quel delicato periodo della storia nazionale che va sotto il nome comune di ventennio. L’Italia del fascismo e dei suoi immediati postumi è dunque la protagonista assoluta di questo libro. Il co-protagonista è un bambino di quei tempi. Un figlio della lupa «emarginato dai grandi eventi e ridotto a ruolo di testimone immaturo e frastornato». Naturalmente si tratta dell’autore, come ci testimonia l’impeccabile foto di copertina. Il suo «sguardo sbalordito» di allora è il punto di partenza, una tabula rasa sulla quale si sono impressi con forza ricordi, sensazioni e impressioni non filtrate. Grandi papaveri del regime corrotti e corruttori, a dispetto del diffuso standard pseudo-storico delle «tasche vuote» dei fascisti. Maneggioni che copiano perfino le tesi di laurea. Lo stesso Mussolini che si vanta, pur essendo stato bocciato all’esame con 4 in tedesco, di capirlo e di poter parlare con Hitler senza l’interprete: una scenetta che sarebbe da commedia all’italiana, se non sottintendesse argomenti terribili e tragici.Fra tutti gli aneddoti, o sarebbe più giusto dire le storie minori, che Vaime dissemina lungo il suo racconto – gustosi e fulminanti, come sempre – forse il migliore è quello del gerarca che, il giorno della Liberazione, si presenta in alta uniforme per un evidente equivoco alla prefettura di Perugia. Mentre i partigiani lo inseguono sghignazzando giù per la discesa della Rocca Paolina, a uno di loro che gli urlava «Fermati, fascista» l’uomo replica: «Fascista chi, io?!».Enrico Vaime (Perugia, 1936) è uno dei padri del varietà televisivo italiano (da Canzonissima a Quelli della domenica, da Tante scuse e Risatissima) e teatrale, in ditta artistica con Italo Terzoli (per Garinei e Giovannini hanno scritto Felicibumta, Anche i bancari hanno un’anima, La vita comincia ogni mattina e altri successi). Conduttore dal 1978 del programma radiofonico Black Out (Radio 2 Rai) e ospite fisso di Coffee Break fino al 2013, su La7 ha condotto Anni Luce, Omnibus Weekend. Ha al suo attivo numerosi libri, dal primo fortunatissimo Amare significa… Storia d’amore all’italiana con Terzoli, ai best seller più recenti Quando la rucola non c’era,_ Era ormai domani, quasi, I cretini non sono più quelli di una volta, Cin cin. Bere troppo fa male. Non bere per niente, a volte, fa peggio (Wingsbert House).