L'autore, con un'operazione certamente in controtendenza con l'attuale panorama editoriale, dato il particolare genere in argomento (cioè l'epigrammatico), utilizzando ancora una volta la quartina, la forma lirica popolare a lui tanto cara, affida al lettore 300 epigrammi, cioè quei brevi componimenti poetici che hanno origine ai primordi dell'antica letteratura greca (la paternità è attribuita dalla tradizione ad Omero), che sono coltivati ampiamente in quella latina (basti citare Catullo e Marziale) e che sono ripresi nella letteratura moderna europea del sec. XV fino al sec. XVIII (ricordiamo tra gli scrittori italiani il Castiglione, il Parini, l'Alfieri, il Foscolo, il Leopardi etc.) e quasi scomparsi come forma letteraria nei secc. XIX e XX, ad esclusione di poche eccezioni. Ebbene l'autore, con la serenità dell'analisi, con l'incisività e la semplicità di uno strumento apparentemente umile come l'epigramma propone alla riflessione dei lettori, si potrebbe dire alla loro meditazione, i suoi 300 componimenti, che sviluppano a tutto campo le antiche domande sull'uomo, sulla vita, e sul mondo, sulla morte e sull'esistenza, domande che l'uomo dell'età tecnologica sembra voler ignorare, rinunciando volutamente sia al concetto filosofico che al pensiero religioso. Una testimonianza che va attentamente letta per una serena successiva riflessione.
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