Il dibattito che s'è di recente riacceso intorno all'etica non trascura di toccare questioni legate all'educazione. Sta alla riflessione pedagogica interpretare la dimensione morale delle pratiche formative, coinvolgendo in tale impresa altri ambiti disciplinari, dall'ermeneutica filosofica a quella teologica e psicoanalitica. L'inadeguatezza del moralismo e le illusioni del permissivismo inducono a riconsiderare il significato profondo della responsabilità educativa. Nella complessità dei rapporti di relazione, a ciascuno di noi è chiesto di orientarsi in modo intenzionale alla "vita buona" con e per l'altro per costruire "istituzioni giuste". E' peculiare dell'azione pedagogica anticipare e promuovere la disponibilità intersoggettiva all'impegno formativo. Impegno e promessa cui l'educando può consentire o meno, nei quali anche l'educatore può "mancare". Promessa che chiama ad interrogarsi sul mistero della persona umana, col suo desiderio d'essere amata e al tempo stesso con la sua capacità di fallire l'esistenza. La consapevolezza e la disponibilità affettiva possono riconciliare la forza del desiderio con l'esigenza della norma? Si può persuadere a volere il bene? La tensione etico-morale attraversa la progettazione pedagogica, alla quale spetta il compito di porsi in ascolto dell'esperienza, così com'è, e di interpretarla.