Accostata dai critici alle migliori opere di Paul Beatty e Junot Díaz, questa raccolta di racconti sonda il concetto di identità nera nella cosiddetta era post-razziale, concentrandosi sulla classe media e ritraendola in vignette di trascinante umorismo e irriverenza (alla maniera dell’intellettuale James McCune Smith nella serie di sketch apparsa fra il 1852 e il 1854 sul quotidiano The North Star, Heads of the Colored People, da cui Nafissa ha tratto ispirazione per la struttura del libro). Di vignetta in vignetta il lettore è testimone della vita di personaggi alle prese con situazioni paradossali – madri che si scambiano messaggi maligni infilandoli negli zaini di scuola delle figlie, una ragazza che si arrovella sul modo migliore di comunicare agli amici di Facebook il suo imminente suicidio – e con le loro lotte quotidiane – una madre impazzisce di dolore di fronte alla violenza perpetrata ai danni di due giovani e, ancora, un adolescente cresciuto in una famiglia di ceto medio desidera ritrovare un legame con le proprie radici culturali. Se molti autori di colore restano aggrappati a una narrativa che guarda al passato, queste storie rielaborano il canone letterario ancorandolo saldamente al presente. È così che Nafissa Thompson-Spires, giovane autrice al suo esordio letterario, riflette sulla «visibilità» fisica, sociale e politica del cittadino nero dell’America di oggi, resistendo alla tentazione di fornire facili risposte in favore di uno sguardo autentico che rifugge la generalizzazione.