In questo nostro tempo, “connotato da deviazioni e smarrimenti”, Sergio Andreoli sente la necessità di prendere in esame e definire le principali figure che si trova intorno: laici e diaconi, fidanzati e genitori, medici e operai... e tante altre, con la complicazione che, in genere, si appartiene a più di una categoria: un laico può essere docente e genitore, un medico può essere sposo o fidanzato, un artigiano può essere delegato in un consiglio di quartiere... e tutti, preti compresi, sono certamente cittadini. Nella seconda parte del libro, invece, don Sergio ricorda alcune figure esemplari di religiosi, talvolta con rispetto affettuoso, sempre con stima e considerazione per le cariche che hanno ricoperto, le opere che hanno scritto, insieme a tanti, piccoli dettagli, che li umanizzano e aiutano anche chi non li abbia conosciuti a visualizzarli: il grande mantello di don Mariano Filippini, don Luigi Pomponi, al quale l’Autore soleva servir messa quand’era un ragazzino, e che la malattia rese poi incapace di muoversi... e poi don Ferdinando Merli, il “prete col fez” assassinato nel 1944, o don Guerriero Silvestri, noto per la sua “berretta a tre corni”... Una piccola galleria che serve a illustrarci la visione della vita di don Sergio Andreoli, e la necessità della coerenza con questa visione, per essere capaci di camminare al passo con questi tempi, certo non facili, ma con i quali è necessario imparare a stare al passo, perfino con i blog. Saranno anche tempi di deviazioni e smarrimenti ma, forse, non tutto è da buttare.