Tante donne africane sono costrette a prostituirsi da innumerevoli anni lungo quelle strade percorse ogni giorno da migliaia di persone, talvolta con connivenze inimmaginabili, senza che qualcosa cambi davvero. Siamo nelle province di Caserta e Napoli, ma non c'è alcuna differenza con quelle di Milano, Roma o altre grandi città. Giovani donne e le loro vite, i loro dolori, i loro sacrifici, tante sconfitte e pochissime vittorie. L’odore nauseante di case umide, ferite mai rimarginate, anime dolenti, violenze fisiche e psicologiche. Ma anche una determinazione feroce, quasi ferina, un’animalesca sopravvivenza; e voglia di riscatto, di un vero sorriso e di lasciare quello squallido teatrino che serve per ammaliare voraci clienti o per esorcizzare i propri e gli altrui dèmoni. Fiori di strada, struggenti e inosservati, le cui storie gridano per essere conosciute da tutti.
“Al grido silenzioso di queste ragazze, l’autore ha dato voce o, piuttosto, diverse voci che si mescolano e che fanno sentire i loro accenti più autentici”. (Stephanie Vermot-Petit-Outhenin)
“Reccia ci racconta il traffico degli esseri umani e la prostituzione con la partecipazione accorata di chi comprende tutte le difficoltà di un mondo che vive e degrada a poche centinaia di metri dalle nostre case”. (Giovanni Cerchia)
“L’autore non teme il Male e riesce a trasmettercelo con forza e intensità, ricordando che quel Male non è poi così lontano da noi, ma che nessuno se ne vuole davvero occupare”. (Lorenzo Canova)
“Al grido silenzioso di queste ragazze, l’autore ha dato voce o, piuttosto, diverse voci che si mescolano e che fanno sentire i loro accenti più autentici”. (Stephanie Vermot-Petit-Outhenin)
“Reccia ci racconta il traffico degli esseri umani e la prostituzione con la partecipazione accorata di chi comprende tutte le difficoltà di un mondo che vive e degrada a poche centinaia di metri dalle nostre case”. (Giovanni Cerchia)
“L’autore non teme il Male e riesce a trasmettercelo con forza e intensità, ricordando che quel Male non è poi così lontano da noi, ma che nessuno se ne vuole davvero occupare”. (Lorenzo Canova)