Le pagine che seguono sono appunti che possono aiutare a leggere, insieme al profilo biografico di mons. Gaetano Michetti, vescovo a Pesaro dal 1970 al 1998, il cammino compiuto dalla diocesi nella prima recezione del Vaticano II, quando si avvertivano i segnali di quella che papa Francesco, a Firenze nel 2015, ha definito non come «un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca»1.
Non una biografia vera e propria, quanto un insieme di notizie e di testimonianze che, dai documenti d’archivio e dalla memoria di quanti l’hanno conosciuto, concorrono a ricostruire le tappe essenziali di una vita spesa al servizio della Chiesa e ci restituiscono la fragranza cristiana di un umile testimone del Vangelo. Nella nativa diocesi di Fermo, poi a Roma per gli studi, quindi ancora a Fermo nella parrocchia di Corridonia, poi vescovo a Pesaro per ventisette anni e infine ancora a Campofilone come “umile prete”.
Alcune pagine illustrano brevemente il “servizio di carità”, così lo definisce mons. Perini, reso dal vescovo nella diocesi di origine, come ausiliare. Vi è una continuità evidente tra quegli esordi e il lungo episcopato pesarese.
Per il periodo fermano sono state utili alcune testimonianze e alcune fonti, tra cui il settimanale diocesano “La Voce delle Marche”. Per l’episcopato pesarese, oltre ai suoi scritti, ai pochi documenti d’archivio e ad alcune testimonianze, sono stati utili gli articoli scritti a più riprese dal suo secondo segretario, don Gino Rossini. In proposito debbo dire che, in un primo momento mi era giunto l’invito, da parte di don Franco Tamburini, a scrivere queste pagine insieme a don Gino. La sua morte, l’8 ottobre 2015, non l’ha reso possibile. Ho ritenuto opportuno attingere in più punti ai suoi scritti.
In un articolo di don Gino, del 2007, si legge: «Chi scrive ha avuto il dono di fare con Mons. Michetti un lungo tratto di strada condividendo con lui come segretario particolare, oltre agli impegni pastorali anche l’abitazione, la mensa e la preghiera. Tutto questo mi ha consentito di conoscere aspetti meno noti e più intimi della sua vita e della sua giornata. Tanti di questi aspetti rimarranno, come è doveroso e come lui desidererebbe, gelosamente custoditi nel segreto del mio cuore. Mi ripropongo per altri, che è giusto siano conosciuti, di pubblicare in seguito un piccolo libro perché se ne conservi la memoria»2.
Alcuni di questi appunti, pubblicati come articoli in occasione di anniversari, sono ora riportati nelle pagine che seguono e contribuiscono a conoscere “da vicino” la figura di mons. Michetti.
Il Vescovo, come vedremo, seppur limitandosi all’essenziale, in più di un’occasione ha scritto dei testi. Ho cercato di lasciare il più possibile a lui la parola, riportando brani di articoli scritti sul giornale diocesano, specie nei primi anni di presenza a Pesaro, brani delle sue relazioni quinquennali e alcune testimonianze che favoriscono i ricordi.
Il testo vuole essere anche un ringraziamento, una prova di affetto per quanti sono stati beneficati dal suo passaggio. Chi l’ha conosciuto sa che forse non avrebbe gradito, e magari avrebbe consigliato di “lasciar perdere”, perché davvero non gli interessava la sua persona. Ma proprio per questo merita un primo tentativo di conoscenza e di memoria.
La sua parola di pastore riecheggia ancora nel cuore di tanti che l’hanno avuto come vescovo e di quanti, praticanti saltuari o forse lontani dalla Chiesa, ne hanno avvertito la presenza in diocesi e in città; segna i contorni di un pensiero, più ancora di uno stile semplice e per questo efficace, e per i credenti, conserva ancora l’incitamento a vivere insieme il Vangelo, qui ed ora.
Non una biografia vera e propria, quanto un insieme di notizie e di testimonianze che, dai documenti d’archivio e dalla memoria di quanti l’hanno conosciuto, concorrono a ricostruire le tappe essenziali di una vita spesa al servizio della Chiesa e ci restituiscono la fragranza cristiana di un umile testimone del Vangelo. Nella nativa diocesi di Fermo, poi a Roma per gli studi, quindi ancora a Fermo nella parrocchia di Corridonia, poi vescovo a Pesaro per ventisette anni e infine ancora a Campofilone come “umile prete”.
Alcune pagine illustrano brevemente il “servizio di carità”, così lo definisce mons. Perini, reso dal vescovo nella diocesi di origine, come ausiliare. Vi è una continuità evidente tra quegli esordi e il lungo episcopato pesarese.
Per il periodo fermano sono state utili alcune testimonianze e alcune fonti, tra cui il settimanale diocesano “La Voce delle Marche”. Per l’episcopato pesarese, oltre ai suoi scritti, ai pochi documenti d’archivio e ad alcune testimonianze, sono stati utili gli articoli scritti a più riprese dal suo secondo segretario, don Gino Rossini. In proposito debbo dire che, in un primo momento mi era giunto l’invito, da parte di don Franco Tamburini, a scrivere queste pagine insieme a don Gino. La sua morte, l’8 ottobre 2015, non l’ha reso possibile. Ho ritenuto opportuno attingere in più punti ai suoi scritti.
In un articolo di don Gino, del 2007, si legge: «Chi scrive ha avuto il dono di fare con Mons. Michetti un lungo tratto di strada condividendo con lui come segretario particolare, oltre agli impegni pastorali anche l’abitazione, la mensa e la preghiera. Tutto questo mi ha consentito di conoscere aspetti meno noti e più intimi della sua vita e della sua giornata. Tanti di questi aspetti rimarranno, come è doveroso e come lui desidererebbe, gelosamente custoditi nel segreto del mio cuore. Mi ripropongo per altri, che è giusto siano conosciuti, di pubblicare in seguito un piccolo libro perché se ne conservi la memoria»2.
Alcuni di questi appunti, pubblicati come articoli in occasione di anniversari, sono ora riportati nelle pagine che seguono e contribuiscono a conoscere “da vicino” la figura di mons. Michetti.
Il Vescovo, come vedremo, seppur limitandosi all’essenziale, in più di un’occasione ha scritto dei testi. Ho cercato di lasciare il più possibile a lui la parola, riportando brani di articoli scritti sul giornale diocesano, specie nei primi anni di presenza a Pesaro, brani delle sue relazioni quinquennali e alcune testimonianze che favoriscono i ricordi.
Il testo vuole essere anche un ringraziamento, una prova di affetto per quanti sono stati beneficati dal suo passaggio. Chi l’ha conosciuto sa che forse non avrebbe gradito, e magari avrebbe consigliato di “lasciar perdere”, perché davvero non gli interessava la sua persona. Ma proprio per questo merita un primo tentativo di conoscenza e di memoria.
La sua parola di pastore riecheggia ancora nel cuore di tanti che l’hanno avuto come vescovo e di quanti, praticanti saltuari o forse lontani dalla Chiesa, ne hanno avvertito la presenza in diocesi e in città; segna i contorni di un pensiero, più ancora di uno stile semplice e per questo efficace, e per i credenti, conserva ancora l’incitamento a vivere insieme il Vangelo, qui ed ora.