Pochi documenti hanno l’eloquenza dei carteggi – di certi carteggi – nel parlarci di uomini e cose del passato: soprattutto quando si tratti di lettere davvero pri-vate, che nessuno avrebbe dovuto vedere, oltre il destinatario. Difficile, se mai, è saperle leggere, quelle lettere, con la debita discrezione; più difficile ancora sa-perle interrogare, e intenderne le intenzioni e i sensi più riposti e apprezzarne il valore, e interpretarle nei loro contesti. Le lettere di Giacomo Matteotti alla mo-glie, a Velia, dagli anni di fidanzamento al tragico 1924, che ora Stefano Caretti molto opportunamente pubblica per intero, dopo averle parzialmente utilizzate in studi precedenti, costituiscono appunto, un documento eccezionale per com-prendere in profondità la sostanza umana di lui, e, spesso, quasi in trasparenza, i modi di sentire e di reagire di lei. Ma aiutano anche a mettere adeguatamente a fuoco comportamenti politici e, in prospettiva, situazioni drammatiche della vicenda italiana fra la prima guerra mondiale e il fascismo. A saper leggere e interrogare – giova ripeterlo.
(dalla premessa di Eugenio Garin)
(dalla premessa di Eugenio Garin)