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La trattazione della formazione del Primo cristianesimo come Regno di Dio è basilare e centrale in questo II volume di Giudaismo Romano. L’autore, trattando dell’impero di Tibero, di Caligola, di Claudio e di Nerone chiarisce e precisa l’antiromanità della cultura aramaica, filopartica, che, comunque, è collegata con l’ebraismo ellenistico, scismatico, specie quello oniade, di Alessandria e quello di Antiochia, capitale della provincia di Siria. Viene rilevata la centralità del tempio di Gerusalemme e viene esaminata la funzione della comunità aramaica di Gerusalemme di Jakob/Giacomo- fratello…mehr

Produktbeschreibung
La trattazione della formazione del Primo cristianesimo come Regno di Dio è basilare e centrale in questo II volume di Giudaismo Romano. L’autore, trattando dell’impero di Tibero, di Caligola, di Claudio e di Nerone chiarisce e precisa l’antiromanità della cultura aramaica, filopartica, che, comunque, è collegata con l’ebraismo ellenistico, scismatico, specie quello oniade, di Alessandria e quello di Antiochia, capitale della provincia di Siria. Viene rilevata la centralità del tempio di Gerusalemme e viene esaminata la funzione della comunità aramaica di Gerusalemme di Jakob/Giacomo- fratello di quel Jehoshua (Gesù) che aveva prodotto il Malkuth ha Shemaim- che, dopo la repressione romana, ne fu a capo per 26 anni. Viene studiato questo lungo periodo per mostrare le lotte e le divisioni tra gli aramaici e i primi christianoi, che pur avevano in comune il culto del medesimo fondatore, in un clima di phobos/paura a causa dell’integralismo della comunità di Jakob, che lotta contro i sadducei e contro gli erodiani filoromani a Gerusalemme e che autorizza il proselitismo solo in relazione alla purezza del malkuth ha shemaim ebraico. Viene, comunque, mostrato anche il tentativo di nazirei, da una parte, di mantenersi puri ed integri e, da un’altra, nonostante la forma oltranzistica, di mediare con le altre culture giudaiche ellenistiche: in questo senso è stato letto il cosiddetto Concilio di Gerusalemme, espressione di un tentativo di koinonia e di omonoia tra i vari gruppi di giudei, tra i christianoi puri giudei e christianoi un insieme di giudei e pagani, conviventi nella stessa comunità di Antiochia. Sono colti i vari rapporti di lotta e di tensione, in un’equivoca comunicazione tra la corte romana (i suoi rappresentanti in Ioudaea e in Siria) e la élite giudaica sadducea ed erodiana fino al momento della morte di Giacomo, in quanto il potere romano e quello giudaico dovevano assicurare il positivo funzionamento delle festività in Gerusalemme, fonte di grande guadagno per entrambi. La funzione di Giacomo, perfetto giudeo in quanto recabita, giusto e baluardo del popolo, è rilevata nella sua capacità di mantenere gli equilibri tra i sicari e i romani, al momento della Pasqua e delle altre festività, essendo lui garanzia per i procuratori romani e per gli imperatori (Claudio, prima, e, poi,Nerone) di un regolare svolgimento festivo. La rottura di tale equilibrio, avvenuta con l’uccisione di Giacomo, determina la guerra e la fine del Tempio. La fine della dinastia giulio-claudia, allora, sarà anche la fine del tempio.