Nel Kenya dei villaggi, quello con le strade in terra battuta, può capitare che l’autobus si impantani e che l’autista faccia scendere tutti per spingere al ritmo scandito di «Harambee!», un incitamento corrispondente al nostro «Oh issa!». È questa la metafora che Matteo Richetti utilizza per descrivere la politica e il suo senso più profondo: quello della generosità di chi non abbandona una situazione di difficoltà e quello di un impegno che ha bisogno del contributo di tutti.
«Spesso, in questa stagione politica in cui le cronache dei giornali raccontano solo divisioni, ho invocato l’Harambee. Perché tu puoi rimanere diverso, con i tuoi distinguo, ma le tue braccia servono per spingere insieme agli altri». Un racconto passionale di come la politica senza umanità e coraggio, senza il riconoscimento di fatica e fragilità, perda il suo significato più alto. Un invito a crederci e a non tirarsi mai indietro rivolto a tutti, in particolare ai giovani.
«Spesso, in questa stagione politica in cui le cronache dei giornali raccontano solo divisioni, ho invocato l’Harambee. Perché tu puoi rimanere diverso, con i tuoi distinguo, ma le tue braccia servono per spingere insieme agli altri». Un racconto passionale di come la politica senza umanità e coraggio, senza il riconoscimento di fatica e fragilità, perda il suo significato più alto. Un invito a crederci e a non tirarsi mai indietro rivolto a tutti, in particolare ai giovani.