"Dappertutto c'era un gridare di nomi. Uomini e donne che lanciavano oggetti, che poi capii essere pagnotte di pane, patate e piccoli fagotti fatti di stracci di cotone". Era questa la situazione che, in quelli che i tarantini chiamarono "campi della fame" al termine della seconda guerra mondiale, trovavano i parenti dei prigionieri italiani quando portavano loro viveri per sfamarsi. Il primo dei racconti di questa raccolta, che ne dà il titolo, ci restituisce una storia recente dimenticata, quella dei campi di Taranto dove diecimila soldati furono rinchiusi in un vero e proprio lager messo su dagli anglo-americani nell'Italia liberata, nel cuore della Magna Grecia. Tutti i racconti della raccolta riportano alla luce pezzi d'un tempo tra le due guerre mondiali, o dell'immediato dopoguerra. Lo fanno con una narrativa che sebbene sia secca proietta immediatamente in un'atmosfera da tempi antichi, fiabesca, lenta al punto da permettere attraverso i vari personaggi il recupero di fatti, comportamenti, e sentimenti che sembra non ci appartengono più.