La crescente complessità del mondo a cui assistiamo implica un altrettanto sviluppo di responsabilità, che matura a sua volta attraverso l'interrogarsi sulla direzione morale di fondo che diamo alle nostre azioni e credenze. L'autore problematizza tali questioni, constatando come nella modernità, invece di accrescere gli interrogativi morali a cui sottoporci, li abbiamo progressivamente rimossi affidando il futuro alla sola tecnica e alla competizione che essa genera. Terreno tristemente ideale per il fiorire di lacerazioni ciniche. Infatti, la complessità incontrollata ci disarma e ci rende vittime ma anche carnefici, aprendoci alla dissociazione tra il piano ideale e quello reale. Se invece intendiamo lo sviluppo umano una questione di emancipazione dobbiamo riconoscere la necessità di una svolta, di passare dal paradigma meritocratico "dell'intelligenza" del "saper fare le cose" a quello morale "della coscienza" del "sapere cosa volere".