Storie di geni, genitori e figli Annie Vivanti fu capace di ottenere un grandissimo successo nel 1890 con una raccolta di poesia (Lyrica) e con un romanzo (I divoratori, appunto) che lo replicò nel 1911. Questo testo racconta una saga familiare il cui tema di fondo è la predestinazione del Genio (prima una piccola poetessa, poi un enfant prodige della musica) a "divorare" inevitabilmente chi più gli sta vicino e lo ama. La Vivanti descrive come, generazione dopo generazione, i geni annientino e quasi inghiottano le loro madri, che a loro volta, se sono state altrettanto talentuose, hanno risucchiato le loro madri. Il vero problema posto dalla Vivanti è: perché il risultato finale è una catena di infelicità? E il suicidio della figlia Vivien sembrò dolorosamente avvalorare la sua tesi. Nonostante tutto lei conservò a lungo la sua ironia. Nella poesia Fra cinquant'anni scriveva: «Vecchia zitella, calma e intelligente, / Serena, rubiconda e senz'affanni…/ La casa un po' sossopra qualche volta. / Ma senza preti, gatti o canarini…». I divoratori è l'opera più completa e più autobiografica della Vivanti, che attraverso questo romanzo cerca di dare una nuova immagine di sé assimilabile a quella della protagonista Nancy, che viene seguita nella sua parabola da bambina prodigio come poetessa a madre vittima del genio divoratore della figlia, violinista prodigio proprio come Vivien. I divoratori è considerato dalla critica il romanzo più riuscito della Vivanti, non solo per l'interesse del soggetto, ma anche per il suo stile (come veniva descritto e come sicuramente possiamo confermare oggi) «ora armonioso e delicatamente allusivo, ora fluente e pieno di fantasia, modulato nelle narrazioni e brioso nei dialoghi: non è dir troppo a chiamarlo uno stile brillante» che consente alla scrittrice di mantenere costantemente attiva la sua prospettiva da umorista. L'autrice: (Londra 1868 - Torino 1942) di padre italiano e di madre tedesca, studiò canto in Italia ed esordì nel teatro a New York; nel 1902 sposò John Chartres, patriota irlandese. Abbandonato il teatro, viaggiò in Europa, Africa e America, propugnando la creazione dello Stato libero d'Irlanda. La sua attività letteraria, iniziata col volume di poesie Lyrica (1890), che ebbe l'eccezionale ventura di una prefazione di Carducci (fortemente colpito dalla prorompente personalità dell'autrice), si orientò soprattutto verso la narrativa; offrendoci alcune delle principali opere narrative del primo '900: I divoratori, 1911; Circe, 1912; Vae victis, 1917; Naja tripudians, 1921; Mea culpa, 1927.
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