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Definire le modalità con le quali, nella storia della filosofia, si è indagato il concetto del vero è complicato, e richiederebbe notevoli capacità interpretative. Pare opportuno cominciare la trattazione partendo da due criteri che possono valere, tematicamente, ad evidenziare la rilevanza del concetto di verità: il primo è quello che, mettendo al centro il momento conoscitivo del vero-fatto, lo ricerca nei vari ambiti della conoscenza, l’altro è quello che dal concreto arriva al processo della conoscenza, dando luogo alle concezioni pragmatistiche, utilitaristiche, realistiche, legate ai…mehr

Produktbeschreibung
Definire le modalità con le quali, nella storia della filosofia, si è indagato il concetto del vero è complicato, e richiederebbe notevoli capacità interpretative. Pare opportuno cominciare la trattazione partendo da due criteri che possono valere, tematicamente, ad evidenziare la rilevanza del concetto di verità: il primo è quello che, mettendo al centro il momento conoscitivo del vero-fatto, lo ricerca nei vari ambiti della conoscenza, l’altro è quello che dal concreto arriva al processo della conoscenza, dando luogo alle concezioni pragmatistiche, utilitaristiche, realistiche, legate ai temi della filosofia della storia. Ciò dovrebbe evidenziare come a fondamento di quel concetto ci siano i tentativi che hanno criticato o negato i principi divini agenti come forza metafisica della totalità, per volgersi alla capacità umana dell’agire, al modo del plasmare il mondo, alla possibilità della creazione e della conoscenza della storia e della cultura: al vero conoscibile nella storia. Dopo un breve accenno alla filosofia platonica, aristotelica e neoplatonica, va messo in evidenza che il principio della convertibilità richiama un presupposto del pensiero cristiano, il principio che la verità sia legata alla creazione divina. Ciò lega il vero-fatto al costruttivismo nel quale, soprattutto sulla base dell’agostinismo, il concetto di conoscenza è stato accentuato fino al volontarismo. Quindi, ad una concezione della verità come disvelamento dell’ordine immutabile della natura, com’è concepito nella filosofia greca, si sovrappone quella medievale, che la considera come intrinseca alla mente ed alla volontà divine, e a cui ci si deve adeguare. Tuttavia sarà la modernità ad individuare una originale concezione della verità, a ritenere di poter conoscere la propria creazione. E qui il concetto di verità segue il complicato rovesciamento del rapporto tra la conoscenza ed il suo oggetto che si presenta dall’Umanesimo e dal Rinascimento. Concepire la vita come data dall’azione formatrice del soggetto vuol dire indagare la tendenza del vero a darsi come esistente nella realtà, scorgere la verità nelle azioni. Si oltrepassa così la distinzione tra la ricerca attiva e quella tesa all’indagine dei principi, poiché la creatività può essere accertata in relazione alla verità, ad una categorizzazione che non è mai fissa, ma sempre contingente. Infatti, se concepita dal suo interno, la concezione della verità mostra come non ci sia alcuna certezza immutabile, ma che i termini siano in continuo movimento, che comporta l’idea di un’apertura ad ogni possibilità, sempre in divenire, nella storia, definibile solo in termini di rapporti, creazioni ed azioni.