Scrittrice di romanzi d’appendice ricchi di trame intricate, Carolina Invernizio esplora i sentimenti, i gusti e le aspirazioni di un’epoca e del suo popolo: quello della fine dell’Ottocento italiano. La Invernizio soddisfa e ne asseconda la curiosità per i crimini, i sacrifici e i drammi familiari, utilizzando senza remore la logica degli opposti propria della cultura popolare: il bianco e il nero, i buoni e i cattivi. L’“onesta gallina della letteratura italiana”, come l’ha definita Antonio Gramsci, ci restituisce una società caratterizzata da un orientamento predatorio delle classi abbienti nei confronti di quelle popolari e da un’aspirazione spasmodica di queste ultime all’ascesa sociale. I vizi privati raccontati dalla Invernizio dissacrano il mito della famiglia borghese, le cui losche azioni alimentano la tendenza di uomini senza scrupoli a sfruttarle a proprio vantaggio. Ne derivano aspri conflitti, soprattutto di natura patrimoniale: è il denaro – questo feticcio che nel corso dell’Ottocento diventa il primum movens dei comportamenti umani – a porsi come causa di delitti di ogni genere. Alcune opere della Invernizio appartengono a pieno titolo al genere “giallo”. All’epoca si contano pochi romanzi italiani riconducibili a tale genere e “I misteri delle soffitte” è senza dubbio tra questi. Oltre a “I misteri delle soffitte” la raccolta comprende “Il bacio d’una morta”, “Le avvelenatrici”, “Odio di donna”, “Lara l’avventuriera” e “Il cadavere accusatore”.