Sotto il regno degli ultimi Stuardi, il regio Consiglio privato adoperava tutti i modi posti in sua facoltà per abbattere lo spirito di puritanismo, che formò, può dirsi, il carattere del governo precedente; ed era ad un tempo sollecito di far rigermogliare quelle feudali instituzioni, che unendo al signore il vassallo, poteano come il Consiglio sperava, collegare e questo e quello più saldamente alla corona. I magistrati ordinavano frequenti rassegne, esercizi militari, talvolta giuochi e passatempi. La qual ultima provvisione nelle circostanze che correvano era per lo meno sbagliata in politica; perchè la gioventù d’entrambi i sessi, a cui in tutti altri tempi il flauto e il tamburino, se parlisi dell’Inghilterra, la cornamusa quanto alla Scozia, avrebbero offerto una tentazione invincibile, allora trovava un vezzo anche maggiore nel resistere agli ordini delle magistrature che le prescrivevano di ballare. La gioia fugge laddove è comandata, ma una cagion più possente si frammetteva, perchè queste feste non si adempissero colla regolarità desiderata da chi le volea. Il rigorismo de’ Calvinisti aumentava in proporzione del desiderio, che il governo manifestava di vederlo allentare. L’osservanza giudaica della domenica, il divieto de’ piaceri, fossero anche i più innocenti, erano le massime professate dai più zelanti d’ostentare una straordinaria santità; ed essendo costoro inimici del Governo, non omettevano sforzi intesi a far sì, che tutte le persone, sull’animo delle quali preponderavano si astenessero dall’obbedire ai bandi di adunata della contea, ogni qualvolta il feudatario dovea mostrarsi a capo degli armigeri ch’ei dovea fornire alla corona in numero proporzionato alla natura del feudo tenuto da esso. I Puritani, detti ancora Presbiteriani1 abborrivano tanto più sì fatte assemblee, perchè i Lordi luogo-tenenti e i seriffi aveano ordinato si rendessero dilettevoli alla gioventù che vi conveniva col far succedere all’armeggiare della mattina il sollazzarsi dopo il meriggio.