È uscito, come numero 13 dei “Quaderni del Laboratorio di editoria” dell’Università Cattolica, il catalogo della mostra Il bello e il vero. Petrarca, Contini e Tallone tra filologia e arte della stampa, a cura di Roberto Cicala e Maria Villano, un lavoro di ricerca basato su carte e materiali d’archivio inediti. «Che il bello potesse convogliare il vero, fu un’idea che nacque in lui spontaneamente» ha scritto Gianfranco Contini di uno dei più grandi stampatori del Novecento, Alberto Tallone, erede di una tradizione italiana che, da Manuzio a Bodoni, ha tramandato il valore della composizione manuale a caratteri mobili e delle tirature limitate e curatissime. Nel centenario della nascita dello studioso è ricostruita la loro collaborazione, esemplare del rapporto tra filologia ed editoria, tra forma e contenuto, a partire da una fondamentale edizione dei Rerum vulgarium fragmenta di Petrarca stampata a Parigi nel 1949 e salutata da Ungaretti come un «miracolo». È un episodio dell’«avventura in cui faccio consistere lo studio», come scrive Contini, che vorrebbe coinvolgere nei progetti tipografici talloniani l’altro petrarchista Giuseppe Billanovich, sempre fondendo «la soddisfazione della forma con gli obblighi del vero». È una vicenda che coinvolge anche la casa editrice Einaudi, dove quindi anni dopo il Canzoniere esce nella “Nuova Universale Einaudi” lasciando il segno. Come scrive Carlo Carena a proposito delle lettere che Contini e Tallone si sono scambiati «sembra di leggere qualche antico maestro di morale e di estetica, un miscere utile dulci di venerata memoria oraziana: Orazio, anch’egli un esigente bibliofilo di poche copie curate a dovere per chi se ne intende. Si può andare a lezione anche guardando una mostra di libri».