In un Paese che ha provato sulla sua pelle quanto sia funesto il tintinnio di monetine e che ha pagato un pesante tributo di lacrime e sangue al giustizialismo a senso unico della Prima Repubblica, Luigi Lusi non sarebbe dovuto finire in un’inchiesta tanto abnorme e impresentabile.Ma questa è l’Italia che si dibatte nella crisi, ulula di furore e reclama a buon diritto che l’untore venga tratto in catene fuori dalSenato, chiuso in galera a doppia mandata, possibilmente gettando via le chiavi.La solerte procura, infatti, dopo qualche indugio chiede l’arresto.Ma se il lieto fine carcerario fosse l’unico epilogo possibile di questa storia, basterebbero i giornali a raccontarla.Invece c’è molto di più: ci vuole un libro per narrare vicende così complesse e cariche di significati e retroscena.Il caso Lusi fa paura a molta gente, specie della sua area politica, e la paura, si sa, è ungrande motore del potere.I magistrati lo hanno maneggiato come una bomba a orologeria, lavorando come artificieri di razza per non farla deflagrare: le loro decisioni, le scelte della Giunta delle immunità, le successive decisioni del parlamentosembrano un gioco di specchi, in cui nulla è mai ciò che sembra.