«Io arranco tra tutti quei fili di lana grigi che mi si attaccano alle gambe. Sono così pesanti da trascinare».
Così la Justine di Lars von Trier in Melancholia. Uno stato peculiare del malinconico che vive la propria vita in slow motion, mediante un movimento lento, con un’occhiata nostalgica al passato e l’altra disincantata verso il futuro.
Questo volume fonda le proprie trame sulla “malinconia” e dentro lo sguardo che taluni capolavori della cinematografia mondiale le rivolgono. Grazie invero a una forza straordinaria, il cinema riesce a indurci a una riflessione fulminea. Un solo sguardo, un dialogo immortalato dalla macchina da presa, lunghe sequenze su un ambiente naturale, un silenzio tra due amanti oppure una musica appena avvertita possono regalare rapidità di comprensione e al contempo complessità di riverberi e di contenuti.
Pur non trascurando talune correlazioni filosofiche e letterarie (Drieu La Rochelle, Emil Cioran o Carmelo Bene), il libro si compone di tre capitoli che entrano nello specifico di alcuni film e nelle pieghe di importanti registi quali Pietro Germi, Louis Malle, Federico Fellini, Ingmar Bergman, Andrej Tarkovskij, Lars von Trier, Wes Anderson e Sean Penn.
Ne vengono rimarcate connessioni, diversità stilistiche e di linguaggio, a dimostrazione che all’interno di un’opera cinematografica la mestizia dell’esistenza si possa dispiegare in mille complementari fotogrammi.
Così la Justine di Lars von Trier in Melancholia. Uno stato peculiare del malinconico che vive la propria vita in slow motion, mediante un movimento lento, con un’occhiata nostalgica al passato e l’altra disincantata verso il futuro.
Questo volume fonda le proprie trame sulla “malinconia” e dentro lo sguardo che taluni capolavori della cinematografia mondiale le rivolgono. Grazie invero a una forza straordinaria, il cinema riesce a indurci a una riflessione fulminea. Un solo sguardo, un dialogo immortalato dalla macchina da presa, lunghe sequenze su un ambiente naturale, un silenzio tra due amanti oppure una musica appena avvertita possono regalare rapidità di comprensione e al contempo complessità di riverberi e di contenuti.
Pur non trascurando talune correlazioni filosofiche e letterarie (Drieu La Rochelle, Emil Cioran o Carmelo Bene), il libro si compone di tre capitoli che entrano nello specifico di alcuni film e nelle pieghe di importanti registi quali Pietro Germi, Louis Malle, Federico Fellini, Ingmar Bergman, Andrej Tarkovskij, Lars von Trier, Wes Anderson e Sean Penn.
Ne vengono rimarcate connessioni, diversità stilistiche e di linguaggio, a dimostrazione che all’interno di un’opera cinematografica la mestizia dell’esistenza si possa dispiegare in mille complementari fotogrammi.