Per Andrea Camilleri, suo estimatore, Ezio D’Errico è un artista “dotato di una genialità rinascimentale”. E certamente unico, più volte imitato, è il suo indimenticabile commissario Richard, che con De Vincenzi è tra i personaggi più originali della storia del giallo italiano (e anche dei “mitici” gialli Mondadori). Disincantato, concreto, solo in apparenza distaccato, il “simenoniano” Richard indaga in una Parigi e in una provincia francese non di rado inospitali, popolate di figure ambigue e spiazzanti, spesso ai margini della società, individui rifiutati, disadattati, solitari. Ne L’affare Jefferson un uomo viene assassinato su un treno, nel grigio del crepuscolo. Richard è il primo ad arrivare sulla scena del delitto. È una vicenda oscura, dai contorni inquietanti, apparentemente inspiegabile. L’unico indizio è un berretto di lana trapassato da un proiettile. Chi ha ucciso Jefferson lo conosceva e cercava qualcosa di molto, troppo importante nella valigia di quell’uomo di origine inglese? Ma cosa faceva Jefferson a Parigi? Era legato all’ambiente del gioco d’azzardo? Il Commissario segue la pista, e grazie a un curioso travestimento sembra a un passo dalla soluzione del caso. Quando un inaspettato colpo di scena mischia nuovamente le carte e gli rivela la vera identità dell’assassino…