L’odierna disfatta culturale della psicanalisi ha assunto proporzioni tali da dissolvere – dopo oltre sessant’anni di accese discussioni – la contrapposizione fra psicanalisi laica ( Laienanalyse) e psicanalisi medicalizzata (rinominata “psicoterapia a indirizzo psicanalitico”), riformulandola come una contrapposizione fra chi pratica la psicanalisi nella legalità e chi lo fa nell’illegalità, tra chi può esibire i titoli della competenza professionale e chi è imputato del reato di ciarlataneria.
Questa estrema semplificazione, imposta col pretesto di “tutelare l’utenza” e trasformare la psicanalisi in professione sanitaria, ha messo il transfert al soldo dell’“alleanza terapeutica” in vista di un pronto recupero del benessere e della salute; ha desessualizzato il sintomo, trasformandolo in un “disturbo psichico” e rimpiazzandolo col più sopportabile e “gestibile” disagio nella civiltà; ha ridotto la metapsicologia freudiana a “mitologia” e fomentato un irrefrenabile “superamento di Freud”.
Soffocato ogni suo impulso sovversivo, la psicanalisi è stata trasformata in una sorta di terapia sociale per una sana soluzione dei conflitti dell’Io, dove è eliminato tutto ciò su cui un benpensante non si rompe la testa, ed è ammesso solo ciò che incoraggia all’adattamento sociale e rende più idonei a “giocare per vincere” al gioco della società.
Di fronte a un discorso psicanalitico che oggi collabora apertamente con l’istituzione e appare ormai «votato del tutto al servizio del discorso capitalistico» (Lacan), questo libro ritorna sui temi già affrontati un anno fa in La psicanalisi come arte liberale. Etica, diritto, formazione – anch’esso curato dalla Comunità Internazionale di Psicanalisi – e li sviluppa sul versante dell’impegno politico che l’etica impone agli analisti, richiamandosi alla radicalità di Freud e di Lacan.
Questa estrema semplificazione, imposta col pretesto di “tutelare l’utenza” e trasformare la psicanalisi in professione sanitaria, ha messo il transfert al soldo dell’“alleanza terapeutica” in vista di un pronto recupero del benessere e della salute; ha desessualizzato il sintomo, trasformandolo in un “disturbo psichico” e rimpiazzandolo col più sopportabile e “gestibile” disagio nella civiltà; ha ridotto la metapsicologia freudiana a “mitologia” e fomentato un irrefrenabile “superamento di Freud”.
Soffocato ogni suo impulso sovversivo, la psicanalisi è stata trasformata in una sorta di terapia sociale per una sana soluzione dei conflitti dell’Io, dove è eliminato tutto ciò su cui un benpensante non si rompe la testa, ed è ammesso solo ciò che incoraggia all’adattamento sociale e rende più idonei a “giocare per vincere” al gioco della società.
Di fronte a un discorso psicanalitico che oggi collabora apertamente con l’istituzione e appare ormai «votato del tutto al servizio del discorso capitalistico» (Lacan), questo libro ritorna sui temi già affrontati un anno fa in La psicanalisi come arte liberale. Etica, diritto, formazione – anch’esso curato dalla Comunità Internazionale di Psicanalisi – e li sviluppa sul versante dell’impegno politico che l’etica impone agli analisti, richiamandosi alla radicalità di Freud e di Lacan.