L'ottocento sta per terminare. A Larderello, villaggio industriale costruito tra i vapori bollenti della “Valle del Diavolo", il direttore della società boracifera Le Manier & C., Armand Thibault, viene ucciso con due colpi di fucile. Il principe Luigi Anzecchi, appena nominato responsabile della società, suo malgrado, deve confrontarsi con la tragedia e calarsi nei panni dell'investigatore. La dinamica dell’omicidio sembra scontata, tutto fa pensare che a uccidere il direttore sia stato Falcino, al secolo Ercole Liberati. Armand Thibault, qualche mese prima, ha fatto licenziare Falcino per l’aggressione compiuta nei confronti di Odoacre Fusini, incaricato dallo stesso direttore di proporre l’assunzione alla villa della ragazzina che lo stesso Liberati ha preso come figlia. A licenziamento avvenuto Liberati, spinto anche da antichi rancori, ha reagito uccidendo Odoacre Fusini, dandosi poi alla macchia. Dopo quell’uccisione, dunque, sembra scontato che Falcino possa essere l’autore anche dell’omicidio del direttore. Ma il principe Anzecchi con l'aiuto del maresciallo dei regi carabinieri Sisto Piantini, rielaborando le esperienze vissute insieme al Thibault e gestendo un rapporto movimentato con lo stesso Falcino, riesce a venire a capo del misfatto, dimostrando che non sempre ciò che sembra scontato è anche vero. Utilizzando tutto il cinismo proprio degli uomini d'affari, Anzecchi troverà una soluzione soddisfacente anche per salvaguardare il buon nome della società Le Manier & C. “Il Diavolo non abita qui” oltre a raccontare una storia impregnata di mistero, offre uno spaccato intrigante di una delle storie industriali più singolari d’Italia; la storia dell’industria boracifera di Larderello alla fine del 1800.