Leonardo da Vinci definiva l’occhio come il principale strumento di conoscenza, ed il disegno come il mezzo più idoneo per registrare gli oggetti osservati, ma anche per ideare immagini nuove. Il disegno era considerato un metodo per conoscere il mondo, per comprenderlo, per ideare cose nuove, ed infine per trasmettere le conoscenze acquisite. Allo stesso modo, Le Corbusier definiva il disegno “un mezzo per osservare nonché per scoprire”, ma anche per ricordare, e successivamente per “inventare e creare”. La rappresentazione è la modalità attraverso la quale l’architetto materializza le sue idee, dapprima in maniera gestuale attraverso schizzi che tentano di cogliere un’intuizione, fermare un pensiero, poi in forme sempre più definite per controllare le modalità di aggregazione, i volumi, gli effetti della luce, le caratteristiche compositive, ed infine attraverso strumenti sempre più precisi che verifichino strutture, impianti, dettagli, nel dispiegarsi del processo progettuale che porta alla realizzazione dell’architettura. È evidente allora, dato lo stretto legame tra il pensiero dell’architetto e la rappresentazione, che le forme architettoniche progettate corrispondono in qualche modo agli strumenti ed alle tecniche che il progettista aveva a disposizione per elaborare le sue idee. Oggi disponiamo di strumenti assolutamente nuovi nella storia del disegno: i software per il disegno assistito, la grafica computerizzata, le simulazioni, la realtà virtuale, offrono all’architetto nuove modalità di rappresentazione fatte di connessioni dinamiche, interrelazioni, multidimensioni. Nel processo progettuale come nella rappresentazione di oggetti esistenti possiamo adoperare quella che Carmine Gambardella definisce “una nuova cassetta degli utensili omologa alla forma del nostro tempo”. E da questa possibilità devono discendere nuovi modi per conoscere, rappresentare ed analizzare la realtà in tutta la sua complessità, per progettarne la modificazione.