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Nel 1980 Antonio Mennella inaugurava, con quest’opera, il “suo” teatro, che oggi annovera quattro commedie e tre drammi. E’ un teatro, come il mondo e la vita, vecchio e nuovo, nello stesso tempo. Perché, se è vero che in natura tutto si trasforma, è altrettanto vero che l’animo umano non fa parte della natura. Esso non è materiale, bensì risiede nascosto nell’uomo: costituisce la sua anima, in quanto sede e principio degli affetti, delle facoltà intellettive e della volontà. E l’animo umano di oggi non è tanto diverso da quello di millenni fa. L’amore e l’odio, l’avarizia e l’ingordigia, la…mehr

Produktbeschreibung
Nel 1980 Antonio Mennella inaugurava, con quest’opera, il “suo” teatro, che oggi annovera quattro commedie e tre drammi. E’ un teatro, come il mondo e la vita, vecchio e nuovo, nello stesso tempo. Perché, se è vero che in natura tutto si trasforma, è altrettanto vero che l’animo umano non fa parte della natura. Esso non è materiale, bensì risiede nascosto nell’uomo: costituisce la sua anima, in quanto sede e principio degli affetti, delle facoltà intellettive e della volontà. E l’animo umano di oggi non è tanto diverso da quello di millenni fa. L’amore e l’odio, l’avarizia e l’ingordigia, la gola e la lussuria, l’ira e la superbia albergano tuttora, e albergheranno sin alla fine dei secoli nell’animo umano. Non c’è quindi da meravigliarsi se un comune mortale, per giunta favorito dalla posizione di fratello di un ministro, si faccia trasportare dall’ingordigia al punto da perdere ignominiosamente la dignità. Non disdegnando neppure la totale distruzione dell’esistenza di un altro mortale pur di perseguire i propri sporchi interessi: già, al di fuori di lui e del fratello ministro, gli altri mortali non sono che pezze da piedi. Ma la cosa che più sconcerta, e disarma, è la constatazione che individui siffatti s’incaponiscono orgogliosamente a non voler riconoscere le proprie debolezze, non dico per cercare di correggerle, perlomeno per trattenerle nei limiti della decenza. Il famoso trionfo dell’ignoranza, che arranca nelle acque dell’incapacità di comprendere sperando di portare a riva, per alzarlo al cielo, il trofeo della fallace superiorità.