Stephan è un uomo insoddisfatto della propria vita. In un giorno particolarmente “tormentato”, entra al Circo Miraggio per provare a distrarsi e, rimasto affascinato da quel mondo, decide di fare la valigia e mettersi al seguito della variegata e a volte inquietante compagnia.
Stefano Barabino è cresciuto in una famiglia bilingue italo-austriaca, assorbendo fin da piccolo usanze e linguaggi assai diversi: le palacinche della cucina austroungarica e le trofie al pesto; le imprecazioni in ceco della madre e quelle in genovese del padre; i canti dell’avvento sotto la neve e la scimmia in cortile durante le vacanze estive; il profumo delle slitte in larice e il fascino possente delle navi della marina ormeggiate in rada. Ha assimilato quanto più possibile, cercando nel tempo di metabolizzare queste emozioni e trasformarle in un grande cocktail - talvolta un po’ indigesto - da sorseggiare in età adulta.
Il viaggio dovuto a necessità familiari e professionali è diventato, nel tempo, una vera e propria passione, se non addirittura una ragione di vita.
Non importa quante siano, ma sono spesso le ruote il suo compagno di viaggio ideale; forse il nascere in una cittadina medievale di nome Radstadt - “città della ruota” - non è stato del tutto casuale.
Dopo aver pedalato lungo rotte di migrazione mediterranee (la sua bussola punta spesso a Sud), è arrivato fino in Mongolia in compagnia di un amico a bordo di una vecchia Panda 750, e a Capo Nord con una sorta di Apecar trasformata in un camper di legno.
Musica, tendoni e carrozze sono elementi che da tempo si rincorrono nei suoi viaggi, anche in quelli immaginari, e questo racconto ne è la testimonianza.
Stefano Barabino è cresciuto in una famiglia bilingue italo-austriaca, assorbendo fin da piccolo usanze e linguaggi assai diversi: le palacinche della cucina austroungarica e le trofie al pesto; le imprecazioni in ceco della madre e quelle in genovese del padre; i canti dell’avvento sotto la neve e la scimmia in cortile durante le vacanze estive; il profumo delle slitte in larice e il fascino possente delle navi della marina ormeggiate in rada. Ha assimilato quanto più possibile, cercando nel tempo di metabolizzare queste emozioni e trasformarle in un grande cocktail - talvolta un po’ indigesto - da sorseggiare in età adulta.
Il viaggio dovuto a necessità familiari e professionali è diventato, nel tempo, una vera e propria passione, se non addirittura una ragione di vita.
Non importa quante siano, ma sono spesso le ruote il suo compagno di viaggio ideale; forse il nascere in una cittadina medievale di nome Radstadt - “città della ruota” - non è stato del tutto casuale.
Dopo aver pedalato lungo rotte di migrazione mediterranee (la sua bussola punta spesso a Sud), è arrivato fino in Mongolia in compagnia di un amico a bordo di una vecchia Panda 750, e a Capo Nord con una sorta di Apecar trasformata in un camper di legno.
Musica, tendoni e carrozze sono elementi che da tempo si rincorrono nei suoi viaggi, anche in quelli immaginari, e questo racconto ne è la testimonianza.