Il romanzo porta d’un balzo il lettore nel cuore della Barbagia medievale, quando l’abitato di Esule (Desulo) si andava formando come villa capace di attrarre dal territorio circostante i piccoli stanziamenti sparsi, i quali sentivano l’urgenza di rompere l’isolamento e di cercare protezione esplicita e concreta sotto la legge del giudice e della chiesa arborense, lasciandosi attrarre dal centro più grande. Lo sviluppo drammatico dell’azione, che coinvolge in un conflitto mortale i due parentadi dei contadini e dei pastori, ha per teatro l’altipiano di Bidussà, le sue valli e convalli, i suoi corsi d’acqua, i suoi monti. Regolato dai sentimenti forti dell’odio e dell’amore, il modo di vivere di una lunga serie di personaggi non conosce vie di mezzo e porta a un succedersi di situazioni sempre nuove e imprevedibili, catturando l’attenzione del lettore dalla prima pagina all’ultima. Una riflessione a parte merita l’accostamento del nuraghe alla chiesetta campestre di San Pietro, quasi a testimoniare l’effettivo succedersi della cultura cristiana a quella nuragica, e al persistere nel vivere di un substrato culturale ancora pagano, ma vivo e vitale.